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Suggestioni:I supplici

Dopo dieci anni di assedio, Troia bruciava.
La notte era mutata in un giorno rosso di fiamme e di sangue; ovunque
si udivano le urla di terrore e di morte delle vittime della vendetta achea.
Priamo, il vecchio re che non aveva potuto evitare il Destino tragico della sua
città, cerco’ febbrilmente di indossare la corazza. Sapeva di non avere scampo e
voleva morire con la sua gente. Ecuba cerco’ di trattenerlo. Era con lui da
cinquant’anni e gli aveva dato dieci figli: Ettore, che aveva visto uccidere da
Achille sotto le mura di Troia ammutolita e poi trascinare per tre volte nella
polvere dai cavalli divini del Pelide; e Deifobo, Eleno, Pammone, Polite,
Antifo, Ipponoo, Polidoro, Troilo; e quattro figlie: Creusa, Laodice, Polissena
e la profetessa Cassandra.
Figli sventurati, cui gli dei negavano ogni pietà.
Molti erano morti durante la guerra e lei ben sapeva dagli indovini che li
avrebbe visti tutti uccisi o resi schiavi. Ma Priamo, il suo signore, doveva
salvarsi. E lo convinse a percorrere il breve corridoio segreto, che dal palazzo
reale portava al tempio di Atena, che dalla finestra si vedeva nel buio ardere
come una torcia. Li’, i due vecchi si sarebbero inginocchiati davanti all’altare
della Dea, avrebbero chiesto e ottenuto protezione e immunità…anche i barbari
greci rispettavano quel diritto divino, non li avrebbero uccisi.
Ma, appena entrati nel tempio, si fermarono terrorizzati dalle grida orribili di un
guerriero dall’alto cimiero che con la spada sguainata inseguiva un giovane
troiano che correva verso l’altare di Atena…Polite, uno dei figli più giovani
di Priamo, inseguito da Neottolemo, il crudele figlio di Achille, che si era
unito giovanissimo all’esercito acheo per vendicare il padre, ucciso con una
freccia da Paride, il rapitore di Elena e responsabile primo della
guerra.
Polite correva tra le fiamme, senza armi, fidando solo sulla sua forza
giovanile…correva incoraggiato dalle grida dei suoi vecchi genitori verso
l’altare, verso la statua salvatrice.
Eccolo giunto sui gradini, accasciarsi
trafelato e fiducioso del protezione divina. Ma Neottolemo non si fermo’, non
abbandono’ la sua ira e l’ansia di vendetta…e lo colpi’ alla gola. Il sangue
brillo’ scorrendo ai piedi dell’altare e Priamo accorse verso il figlio morente,
impugno’ la lancia di un guerriero ucciso e la scagliò verso l’omicida
sacrilego.
Volo’ la lancia guidata dal dolore di un padre, attraverso’ lo
scudo del mirmidone e penetrò nel suo braccio. Si volse Neottolemo e riconobbe
il re. Lo prese per i capelli, lo fisso’ negli occhi: “Precipita nel regno dei
morti, vecchio, e racconta a mio padre la mia ferocia”.

“Adesso muori. E dicendo così lo trascina tremante
agli altari, e sdrucciolante nel molto sangue
del figlio,
gli afferra la chioma con la sinistra, con la destra solleva
la spada corrusca e gliela immerge tutta nel fianco”.

Ecuba urlo’, come un animale ferito a morte, come un animale privato dei figli.
Urlo’ tanto che gli dei ne ebbero pena e la tramutarono in cagna.

Mi chiedo cosa faremmo, noi
uomini del XXI secolo, se coloro che fuggono con i barconi marci dalla guerra e
dalla fame, si riunissero nelle nostre chiese e inginocchiati ai piedi
dell’altare ci chiedessero protezione…ci supplicassero di avere pietà.
Perché sono supplici, esattamente come Priamo in quella notte tragica di 3250 anni fa.

Non chiamiamoli migranti, fuggitivi, rifugiati.
Sono solo supplici.
Uomini senza patria, senza terra, impauriti e devastati dalle privazioni, che non
chiedono nulla se non di essere salvati. Non chiedono diritti costituzionali,
diritti politici; hanno bisogno solo di pane, di medicine, di un momento di
pace. Vorrebbero non guardarsi indietro con la paura di scorgere gli aguzzini
uscire dalla boscaglia con strumenti di morte. Vorrebbero stendersi per terra e
dormire senza il terrore di sentire la presenza dei nemici in cerca di schiavi e
di infedeli da uccidere. Sanno che non avrebbero la forza di scagliare una
lancia, l’ultima, contro gli assassini.
Si inginocchiano ai piedi della nostra
civiltà, chiedendoci di non tradire i principi per cui sono morti i nostri
padri: la libertà, la fratellanza, la solidarietà, l’uguaglianza. Che
significato avrebbe respingerli e rinunciare col nostro egoismo, col nostro
cinismo, agli ideali alti delle nostre rivoluzioni…cancellare d’un colpo
l’orgoglio di avere sconfitto le ingiustizie, il razzismo, la paura degli
altri…
Il primo atto di Pio IX, nel 1948 che lo vide punto di riferimento dei
primi combattenti del Risorgimento, fu quello di abbattere il ghetto degli Ebrei
a Roma, dando loro la libertà di muoversi, riconoscendo la loro dignità e il
diritto ad esistere. Poi il ghetto fu nuovamente chiuso su quel popolo infelice,
ma nel 1870 fu definitivamente demolito. Vinceva la civiltà sulla barbarie.
supplici che giungono dall’Africa vogliono solo vivere; vogliono che sia
abbattuto il liquido muro del ghetto che li costringe alla povertà e alla paura
nella sponda sud del Mediterraneo…che resta sempre il Mare Nostrum della
civiltà latina, delle prime leggi scritte nel bronzo, della dignità invincibile
di Catone, della cittadinanza come appartenenza ad una società avanzata. In
quella civiltà eccelsa esistevano anche gli schiavi, che il cristianesimo
libero’…non torniamo a quei tempi respingendo gli infelici che ci chiedono
aiuto e perpetuando il loro destino di schiavi.
Oggi celebriamo la Festa della liberazione dal nazifascismo, regimi basati sulla discriminazione, sull’odio di
razza…i fantasmi di questi sentimenti abietti sono ancora tra noi, e dovremmo
avere il coraggio di riconoscerli e, spinti dalla vergogna,
combatterli.

Neottolemo non lo ricorda più nessuno.
Era figlio del guerriero più celebrato nell’antichità, ma anche il più feroce tra i guerrieri
chiusi nella pancia del cavallo di legno costruito dall’ingegno di Ulisse. E
quando nella notte pose piede sul suolo della città condannata, si spense in lui
ogni traccia di umanità.
Scaglio’ giù dalle mura della città sconfitta il
piccolo Astianatte, figlio dello spento Ettore; ma poi uccise un supplice. E
nessuno lo ricorda se non per questo atto di inciviltà…quello che uccise
Polite e il Re che si erano affidati alla pietà di Dio. Assassino e sacrilego,
due volte colpevole perché infranse nella sua ferocia il diritto alla vita di
nemici inermi e il dovere di rispettare e adorare i principi divini.
Speriamo che tra mille anni, ma anche meno, non siamo ricordati come Nettolemo per la
nostra insensibilità verso chi ci chiede di ricordarci i fondamenti antichi e
imprescindibili della nostra morale. I supplici, appunto, che come Priamo e
Polite abbracciano le nostre ginocchia di padroni del mondo per ricordarci il
dovere della pietà.

Tonino Serra per Medasa.it