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Suggestioni :Il passare del tempo  .

Mentre le donne si affidano periodicamente alle cure dell'estetista per 
combattere gli attacchi dell'impietosa vecchiaia, noi uomini studiamo ogni 
giorno sul nostro volto il passare del tempo…perché ci radiamo e stiamo 
attenti a non tagliarci stirando la pelle nei punti più difficili, tirando su la 
punta del naso per arrivare al labbro superiore senza ferirlo, spianando le 
pieghe per facilitare il passaggio del rasoio, appiattendo il sommommolo col 
collo in ipertensione come le galline dopo aver bevuto…e ogni uomo si rade a 
modo suo ben sapendo che ogni barba ha la sua storia, le sue manie, le direzioni 
capricciose e i percorsi obbligati, segnati da curve dove il contropelo e' 
vietato come l'inversione a U in corso Umberto o in via Cairoli.
Per capire se una donna e' vecchia, guarda le mani, gli occhi e il collo che non 
mentono…non guardare il volto, che può essere sostenuto da mille 
diavolerie…il mito dell'eterna giovinezza cantato da Oscar Wilde nel suo 
Dorian Gray, riguarda un uomo, ma storicamente sono le donne ad ingegnarsi per 
sconfiggere il tempo…dal latte d'asina di Poppea alla lozione di corteccia di 
olmo e di rametti di ruta usata per i capelli da Berenice, famosa eternamente 
per la sua chioma…o la crema di timo origano lavanda garofano rosmarino noci 
moscate…tutte cose che noi usiamo per l'arrosto, ma che Cleopatra impiegava 
per rendere morbido e profumato il suo corpo…che se Antonio fosse stato 
allergico a qualcuno di questi componenti, la storia del mondo occidentale 
avrebbe preso una diversa piega…
Per non parlare delle nostre due Caterine…la Sforza con le ricette "per far la 
faccia bianchissima et bella et colorita" o "per far li capelli biondi come de 
oro" o "per far le mani bianche et belle tanto che pareranno de avorio"…e la 
De Medici, donna crudele e spietata, ma fissata anche lei con la cura delle 
mani: "Haverai mani bellissime et bianche et morbidissime se avrai costanza di 
usare di questa salutare pomata…prendi due pomi maturi di qualsivoglia qualità 
e dividili in quarti dopo averli nettati della pola e del torsolo. In uno 
spicchio dei pomi suddetti affonda un chiodo di garofano e metti le mele in 
bagno in acqua di rose, da comprarsi dalla speziale e fa si che l'acqua di rose 
copra appena le mele. Lascia in bagno un intero giorno e quindi fai bollire per 
dieci minuti. Quindi togli i chiodi di garofano schiaccia bene la polpa, unisci 
un poco di farina di frumento, tanto da farne una pappetta un po' densa e 
spandila sulle mani. Lasciala anche una intera ora e poi risciacquare con acqua 
tiepida. "
Il mio racconto di oggi non vuole essere l'elogio della bellezza femminile o del 
pelo maschile…che, detto così, fa anche un po' senso…ma l'introduzione ad un 
argomento trattato oggi su Corsera, che mi sta facendo passare una buona 
domenica…si deve ripensare il concetto di vecchiaia ed affrontare in modo 
diverso il trascorrere del tempo.

Le stagioni della vita segnano i volti e i sentimenti. 
Ma non sempre la vecchiaia e' una malattia, come sosteneva Cicerone, che doveva 
essere oltre che un rompipalle un gran menagramo e giustamente Antonio lo 
affido' al suo barbiere di fiducia che d'un colpo gli taglio' la gola. 
No, la vecchiaia e' un'età beata, che i giovani si sognano…non a caso gli anni 
enti sono dieci e gli enta altrettanto…mentre gli anta durano sessant'anni 
prima di cominciare gli ento…che però riguardano i nostri nipoti…
La vecchiaia si assapora mentre la gioventù trascorre come una folata di vento.
No, invecchiare fa bene e migliora il cervello. 
Lo ha dimostrato un studio di alcuni scienziati inglesi che, nel 1932, hanno 
sottoposto ad un test di intelligenza 70 mila scozzesi di 11 anni e li hanno 
controllati oggi, che i ragazzini di allora hanno 93 anni. Ebbene, udite, 
udite…chi sembrava tonto e' più vispo di chi sembrava un genio, il cervello 
riesce a reclutare tessuto compensatorio riparando i danni dell'invecchiamento, 
gli anziani utilizzano i due emisferi meglio di molti giovani…dovrei dire che 
hanno scoperto anche che chi beve del vino non e' più in gamba degli astemi, ma 
la cantina di Ierzu, Antichi Poderi, non apprezzerebbe…o che invecchia meglio 
chi non fuma, chi parla due lingue, chi cammina molto e chi ha frequentato le 
scuole migliori, come quelle di Ierzu…ma non lo dico per evitare di parlare 
troppo di me. 

Però, trovo il test degli scienziati scozzesi deludente, anche se non per colpa 
loro…perché se avessero conosciuto allora la tecnica della RMN cerebrale, 
avrebbero capito se i ragazzini di 93 anni fa  abbiano sviluppato nei decenni un 
diverso senso della percezione artistica…se cioè esista un'evoluzione 
temporale nell'emozione estetica…del concetto di "bello". 
Mi spiego. 
Due neuroscienziati londinesi, di origine giapponese, hanno indagato sulle basi 
biologiche della percezione dei diversi gradi della bellezza e sono giunti a 
individuare le diverse aree del cervello umano attivate di fronte agli oggetti 
d'arte, fino a precisare quando un quadro o un altro prodotto culturale sono 
percepiti come "belli" o "sublimi"…due varianti dell'estetica che affondano le 
radici nel vissuto, nel retroterra culturale di ognuno di noi. 
Mentre il bello ha una base emotiva…un bel tempio, un bel quadro, una bella 
statua…il sublime integra l'emozione con la conoscenza e attiva nel cervello 
le stesse aree interessate da sentimenti forti, profondi, anche 
opposti…piacere e odio, amore romantico e percezione del pericolo, 
l'esaltazione della perfezione matematica e l'orrore di un abisso.
Sentiamo queste cose ma non ci pensiamo.
Forse adesso e' più chiaro capire che se troviamo bello un ceppo di vite carico 
di grappoli, avvertiamo come sublimi i colori delle vigne autunnali di Pelau o 
di Alustia…bello il Pardu in primavera e sublime quando schiumeggia dopo le 
piene invernali…belle le vecchie case di Sant'Antonio e sublimi le rovine 
delle casupole da gnomi di Regaliu e' Ossu.
Il bello ci colpisce ma il sublime ci commuove, ci sconvolge, ci 
esalta…apprezziamo un capitello dorico, ma ci esalta quello corinzio…una 
statua integra di Minerva non ci commuove quanto quella mutila della Nike…e 
un'opera del più moderno disegner ci emoziona meno dell'umilissimo servizio da 
caffè di sia Francisca, che conserva i segni dell'uso e rappresentava l'unica 
consolazione della miseria. 
Il bello e il sublime…la mente e il cuore…il cervello che ragione e la 
coscienza che sente…l'incanto e la bufera dei sentimenti da sindrome di 
Stendhal. 
  

Tonino Serra