bagni


 

Suggestioni: C’è mappa e mappa !

(buona serata e sorridete che’ vi fa bene)

Quando gli dissi che soffriva di prostata e che doveva assumere una
compressa al giorno per sempre, Elio mi guardo’ rassegnato di disse: “Vuol dire
che dovrò fare come Pino, che va in giro con la mappa dei bar di Cagliari, dove
permettono di andare in bagno anche senza consumare, che’ con la mia pensione
sociale potrei permettermi solo tre pisciate al giorno e le altre dieci dovrei
farmele nei pantaloni”.
Ci facemmo una bella risata e gli dissi di procurarmi
quella mappa, non perché fossi personalmente interessato, ma per farne
fotocopie da distribuire ai miei pazienti: una mappa urologica preziosa come
quella del tesoro di Jim Hawkins, il giovane protagonista del libro immortale di
Stevenson, che combatte contro Silver John per i dobloni sepolti di capitan
Flint.

Dovete infatti sapere che mentre in Francia gli orinatoi sono
dappertutto…aperti spesso, di modo che vedi solo la testa del consumatore, che
svetta da un gabbiotto di metallo lavorato come un merletto…e sembra che ti
invitino a entrare, ad accomodarvi e a liberarvi del superfluo, fastidioso e
imbarazzante…in Australia li trovi anche in pieno deserto e non sai se sono
per te o per i canguri…a Cagliari non esistono e gli anziani hanno più paura
di ammalarsi di prostata che di restare senza pensione. Per questo, vedi vecchi
che improvvisamente scappano dietro le macchine parcheggiate armeggiando
affannosamente con la patta per alleggerire la vescica o rifugiarsi con una
velocità incredibile per la loro età dietro un albero per urinare…che se
continua così si selezionerà una razza umana che la farà come i cani, sollevando
una gamba contro un albero. Ora, voi direte che io esagero, ma se avessi voce in
materia suggerirei all’Oms, l’organizzazione mondiale della sanità, di inserire
tra i parametri che misurano il grado di civiltà di un popolo, non solo il
numero dei litri di acqua consumati al giorno e dei bambini nati in adeguate
strutture sanitarie, ma anche il numero dei pisciatoi pubblici, da segnalare un
ogni piantina cittadina a fianco di quella della metropolitana o degli
autobus…magari segnalandone la qualità con un numero proporzionato di piselli,
come le stelle degli alberghi, per cui uno potrebbe vedere a fianco del grand
hotel Excelsior a “cinque stelle”, il pisciatoio a cinque uccelli…coniugando
civilmente l’ospitalità dei ricchi turisti con i diritti ai bisognosi.

Un
tempo, quando la politica chiacchierava meno di primarie ma si occupava dei
bisogni della gente, anche di quelli fisiologici, a Cagliari gli orinatoi
esistevano, ben distribuiti e curati da un personale educato ed efficiente, che
non ti strillava dietro se la facevi fuori dal vaso, perché si sa che da giovane
la spari lontana ad una velocità che Bolt si sognerebbe e che da vecchio te la
fai sulle scarpe. Certo, si doveva lasciare un obolo…poche monete, che non
influivano molto sull’economia famigliare, non certo come nelle isole veneziane,
dove ti chiedono due euro per accesso al cesso, e se non le hai devi rifugiarti
dietro le gondole rischiando un colpo di remo.

Eppure c’era qualcuno che
anche a Cagliari, in pieno boom di orinatoi pubblici e a buon prezzo, aveva già
studiato la mappa dei luoghi dove potevi farla senza pagare una lira.
Racconta
Giorgio che a tziu Antonicu, storico prostatico di Ierzu, era venuta una voglia
impellente, un bisogno diuretico urgente e si era messo a correre sotto i
portici di via Roma per raggiungere la metà agognata dove liberarsi del surplus
idrico renale. Giorgio provo’ a rincorrerlo per dirgli che li’ vicino, in piazza
Darsena, c’era un orinatoio pubblico, ma tziu Antonicu, senza smettere la corsa,
gli urlo’: “Ka nou, ka sciu unu logu a ubi pisciu gratis”.

Tziu Antonicu era
uno dei tanti che doveva combattere con la prostata ogni giorno: una malattia
tanto diffusa quanto poco conosciuta, specie dalle mogli che sopportano i
pantaloni puzzolenti e macchiati senza spiegarsene la ragione. E questo provoca
qualche equivoco, come quando dopo una mia breve vacanza ricevetti le
rimostranze di una vecchia paziente contro il medico sostituto che, dopo averle
diagnosticato una cistite acuta con conseguente impellenza a urinare, non aveva
voluto darle le medicine che prendeva il marito per lo stesso disturbo. Sentite
il tenore del discorso quando le dissi che il medico non poteva darle le
medicine usate dal marito per la prostata…ma io ho gli stessi sintomi, unu
piscia-piscia che non mi lascia riposare…certo, ma lei non ha la prostata…ma
dottore, non mi hanno mai operata …signora, lei e’ nata senza prostata…come
sarebbe, sono nata guasta?…no, signora, si da’ il caso che le donne non
abbiamo la prostata perché sono donne, per la stessa ragione che voi avete le
mammelle e i maschi no…umh, così mi dice?
E se ne andò, convinta che avessi
voluto difendere il medico sostituto…crobu e crobu, non si ogant ogu…e non
le avessi detto la verità.

Grazie a Dio, sono nato con la prostata ma non
devo ancora andare in giro con la mappa dei bar misericordiosi, anche se…lo
confesso…da luglio a settembre giro con in tasca una mappa ben più preziosa:
la mappa dei fichi piu dolci, più succulenti, più divini che si incontrano sulla
strada da Cagliari a Ierzu e sulle varianti che portano in paese da Burcei e da
Goni, da Tortolì, da Lanusei e da Seui. E ogni anno che passa la mappa si
allarga, spaziando per i tre mesi ficogeni; ogni mese la sua zona e i suoi
alberi, di modo che non vada in crisi di astinenza, che’ quella da fichi e’
peggio di quella da eroina.
I fichi più generosi li incontri a Pelau, a pochi
metri dal nuraghe Pira ‘e Mau, ma devi stare attento perché sono in terreno
privato: essendo cosa furada, hanno un gusto superlativo, ma devi sporgerti per
tirare verso di te i rami più carichi spostandoli, diciamo, dall’area di
pertinenza privata a quella dove comincia il capitolo del res nullius…insomma
dove puoi furai col permesso dei carabinieri.
Ottimi anche i fichi dei due
alberi vicini alla sorgente di Salemoni, ma ricordate di mangiare prima quelli
di sinistra, più grandi ma meno saporiti di quelli a destra, anche se c’è un
inconveniente: il muretto, alto quasi un metro e mezzo che si frappone tra voi e
il frutto proibito dell’Eden. Tre giorni fa sono riuscito ad arrampicarmi con
l’ultimo balzo che mi permette l’età, e mi stavi abbuffando di fichi bianchi che
conservavano ancora la rugiada del mattino, quando ho sentito una voce
allegra…a su dottori ddi pragidi sa figu…e mi vedo Massimiliano che mi
guardava divertito dal finestrino abbassato. Sono sceso per salutarlo ma poi
sono risalito per terminare il saccheggio.
Vi giuro, in tre giorni ho mangiato
solo fichi e no ho trovati solo due o tre crus enali.
Da Salemoni sono passato
ai fichi del bivio di Loceri, poi a quelli di Bagi Niedda, ho sconfinato verso
Taquisara e Ussassai, mi sono addentrato tra le rovine di Osini e Gairo, dove
gli alberi sono nani e i fichi piccoli e gustosissimi, ma danno solo fichi neri
mentre io preferisco i bianchi. Voi direte…ma non ti puoi accontentare? No,
sui fichi si deve scegliere, mica sono medicine…

A parte il muretto di
Salemoni, il fico, almeno per me, ha un altro inconveniente: sono allergico e mi
provoca unu scarfingiu da strapparsi la pelle.
Nel passato, questo fastidio
poteva costarmi caro, perché…eravamo in terza elementare…dopo che il maestro
Usai ci aveva raccontato di Poppea che faceva il bagno con il latte d’asina,
Maroledda ci voleva convincere a farlo con quello di fico. Sono sicuro che se
non avessimo avuto il problema di procuracene la quantità sufficiente, ci
avrebbero trovati tutti morti a tuedda dentro il bagno di fico. E siccome
eravamo immaginifici, come vi ho già detto altre volte, eravamo soliti fare un
uso sconsiderato e improprio del latte di fico: lo mettevamo sul glande, a dosi
individuate da Paulettu, provocando una tumescenza al limite dello
strangolamento: un miracolo che tramutava la gentile e innocente lillitta nella
prepotente e arrogante lelledda.
Non so se i bambini di oggi abbiano più il
gusto della scoperta e dell’esperimento, ma se lo fanno, stiano attenti perché
un mio compagno di giochi di sette anni fini’ all’ospedale di Lanusei, dove
rischio’ l’amputazione. Poi torno’ in paese con la lillitta bendata e chiusa in
una sorta di pacco coloratissimo, che lui mostrava trionfalmente come un uovo di
Pasqua.

Tonino Serra per Medasa.it