Leggende di Sardegna : La Castellana Triste di Bosa.
La protagonista era una bella e infelice marchesa, uccisa dal marito acceccato di gelosia, che l’ aveva ingiustamente accusata di tradimento.
Eppure la sua storia era cominciata bene.
Era un pomeriggio d’ estate quando la ragazza giunse a Bosa da una citta’ lontana d’ oltre mare. L’ avevano promessa in sposa al Marchese di Malaspina, proprietario di un grande maniero e di fertili e ricche terre. Lei aveva sognato un altro futuro ma non si era opposta alle decisioni dei genitori. Le donne di Bosa l’ avevano accolta con entusiasmo ed esclamazioni di meraviglia quando l’ avevano vista passare per le strette vie che portavano al castello. Anche gli uomini, nascosti dietro le porte delle loro case, avevano provato molta invidia per l’ anziano marchese che presto l’ avrebbe sposata.
A Bosa, per la verita’, le belle donne non mancavano, ma una cosi’ non l’ avevano mai vista. Lei, con i suoi bellissimi occhi neri, aveva osservato con attenzione i suoi sudditi e a tutti rispondeva col cenno di una mano e con un grande sorriso. Sembrava felice. I primi tempi al castello trascorsero con grande allegria. Purtroppo questa enfasi non duro’ a lungo. Dopo il matrimonio tutto cambio’. Il marchese si mostro’ arrogante e geloso. Vieto’ alla moglie le visite al borgo e comincio’ a trascurarla, preferendole gli amici, le grandi bevute e le battute di caccia. Ella viveva praticamente in una casa – prigione. Aveva sicuramente ricchezze e servitu’ a disposizione, ma le mancavano le passeggiate sul lungo Temo, gli incontri con la gente, le visite nella chiesa di San pietro e quella grande gioia che da’ la liberta’. Passava le notti senza sogni perche’ costretta a rinunciare troppo presto alla vita, notti di solitudine per una donna che voleva essere amata. Solo il giorno le restituiva la serenita’. La luce entrava nella sua stanza illuminando i pochi mobili, il ritratto dei genitori e lo stemma della famiglia del marchese. Da una grande finestra poteva vedere uno scenario naturale fra i piu’ belli che avesse mai visto. E passava ore a guardare…aveva davanti i tetti colorati e le piccole case aggrappate alla roccia dominata dal castello, il fiume che scorreva lento e la Cattedrale di San Pietro. Memorie di una liberta’ perduta. Immaginarie vie di fuga. Erano a due passi eppure lontanissime!
Un giorno il richiamo della liberta’ si fece tanto forte che non pote’ resistere. E fu durante una delle lunghe assenze del marito che, con l’ aiuto della governante piu’ giovane, decise di recarsi dalla sua gente. Furono momenti indimenticabili. Nel vecchio quartiere accarezzo’ i bambini, saluto’ tutti e dalle donne volle imparare l’ arte del ricamo. Ando’ anche al fiume. Incontro’ i vecchi pescatori e conobbe un giovane che, seduto su uno sgabello di ferula, preparava le nasse per pescare. Lui l’ aveva guardata dal basso verso l’ alto e la vide ancora piu’ bella di come l’ avevano descritta i suoi paesani e, pur vergognandosi un po’, sogno’ di amarla. Lei gli porse le mani e lui gliele strinse a lungo. Fu un magico istante. Poi lei corse via fantasticando e custodendo nel cuore quel momento mentre correva verso il castello. Non penso’ neppure un attimo alle conseguenze del suo gesto, ma l’ arrivo alla casa – prigione fece svanire tutti i suoi sogni. Ad attenderla trovo’ il marito che sapeva gia’ quello che era successo e doveva punirla per il suo comportamento e la sua fuga. Fu infatti rinchiusa nella sua stanza dove ripenso’ al suo arrivo a Bosa, al fidanzamento, matrimonio ecc… Prego’ a lungo prima di addormentarsi. Sogno’ il giovane pescatore e furono attimi felici fino all’ improvviso arrivo di una tremenda tempesta che distrusse quei luoghi travolgendo uomini e cose.
Si sveglio’ al bussare alla porta, era il marito che le chiedeva di andare a caccia con lui. Era una trappola. Uscirono soli e quando furono lontani lui la uccise. Non contento le taglio’ le dita delle mani, conservandole in un fazzoletto, tanto da far rabbrividire un gruppo di cacciatori di cinghiali che videro la scena mentre passavano da quelle parti, che all’ improvviso restarono “impietriti”. “Siccos sun restados, de pedra” (sono diventati di pietra). Poveretti, Trasformati in statue di pietra solo per aver avuto la sfortuna di aver visto una tale malvagia scena. Placata la sua furia omicida, il marchese torno’ a Bosa dai suoi amici, si ubriaco’ insieme a loro, dimenticandosi tutto. Verso la mezzanotte infilo’ una mano in tasca per prendere il fazzoletto e fu cosi’, senza rendersene conto, che firmo’ la sua condanna. Le dita della donna caddero fra i boccali di vino e fecero inorridire gli uomini presenti. Avevano di fronte un assassino! Il marchese tento’ una spiegazione senza riuscirci. Penso’ di scappare ma gli tremavano le gambe. Fu arrestato dagli stessi compagni di bevute e portato in piazza, in mezzo al popolo urlante. Anche se nobile e potente, nessuno era disposto a perdonare il suo gesto, cosi’ le guardie lo condussero in prigione, dove fini’ i suoi giorni, assalito dai rimorsi e dimenticato da tutti.
Il corpo della povera marchesa non fu piu’ ritrovato ma l’ assassinio avenne sicuramente nei pressi delle grandi pietre scure chiamate “sos testimonzos” (i testimoni). Sono gli involontari e muti testimoni della tragica fine della poveretta, la cui anima vago’ a lungo fra le stanze del castello, alla ricerca della perduta felicita’.
Redazione Medasa per Medasa.it