Ho sentito parlare di Enrico, un bimbo grassottello che non parlava, ma capiva tutto quello che gli altri gli dicevano. L’unica cosa che sapeva dire era “mamma”. Aveva un fratello più grande Leo che, però, non amava giocare con lui.
Ma la mamma gli diceva che quando andava a giocare a calcio con gli amici doveva portarsi dietro anche Enrico, altrimenti non sarebbe uscito. Così, pur di non rinunciare a giocare con gli amici, Leo si portava dietro Enrico. I compagni di squadra gli chiedevano perché si portasse dietro quell’imbranato di Enrico ma lui alzava le spalle. Quando arrivavano al campetto, Leo faceva sedere Enrico su di una panchina e gli diceva di non muoversi. Enrico si sedeva e rimaneva a guardare estasiato. Gli piaceva il calcio.

Un giorno, l’allenatore della squadra, disse a Leo che se  non si fosse allenato bene a tirare il pallone lo avrebbe messo fuori squadra. Così Leo tornò a casa disperato perché non sapeva con chi allenarsi. Incominciò a tirare il pallone vicino al muro facendolo rimbalzare e tornare indietro. Benjamin-Price-Holly-e-benji-tsubasaAd un tratto vide Enrico acchiappare le mosche con le mani. Ed era bravo, le prendeva tutte. Così pensò di provare a mettere Enrico in porta per allenarsi. Enrico si dimostrò discretamente bravo. Da allora Leo incominciò ad allenarsi sempre con Enrico il quale era contentissimo. Con il tempo Leo diventò un discreto tiratore, mentre Enrico diventò un portiere formidabile, ma Leo preferì non dire niente a nessuno: cosa avrebbero detto gli altri se avessero saputo che Enrico parava tutti i suoi tiri? Un giorno Enrico era da solo in cortile, seduto con la palla in mano ed era triste. Leo aveva la febbre e non potevano giocare. Un compagno di squadra, Ricciolo, così chiamato perché aveva una chioma riccia riccia, venne a fargli visita. Quando se ne andò, vide Enrico triste e solo. Gli si avvicinò e gli fece un sorriso. Enrico gli lanciò la palla e l’amico per cortesia gliela ritirò. Enrico la parò e poi si recò nella porta e ritirò il pallone al compagno di squadra del fratello. Questi tirò piano ed Enrico parò. Poi tirò un po’ più forte ed Enrico parò ancora. Sempre più forte, ma Enrico parava sempre. Fece tantissimi tiri, ma non riuscì a segnare nemmeno una volta. “Che brutta figura!” si disse, e scappò a gambe levate.

Qualche tempo dopo stavano affrontando una squadra molto forte, ma per fortuna stavano vincendo 3 azero.  Purtroppo ad un certo punto il portiere si fece male ed il secondo portiere era influenzato. Così decisero di mettere in porta uno dei giocatori, ma in breve subirono tre goal. La partita si metteva male. Ad un tratto il Ricciolo si fece anima e coraggio e durante la pausa tra il primo e secondo tempo fece una proposta. Raccontò che secondo lui, se non volevano perdere la partita, dovevano mettere in porta Enrico. Tutti risero. Il fratello si arrabbiò dicendo che non era giusto da parte sua prendere in giro il fratello. Nessuno diede più retta a Ricciolo e ripresero le loro cosse. Fu allora che Ricciolo prese un pallone e lo lanciò forte ad Enrico che lo parò. Poi di nuovo con un tiro difficile ed Enrico parò. Passò il pallone ad un altro compagno e questi tirò. Ma niente, ogni volta Enrico parava. Tutti restarono ammutoliti, proprio tutti, perfino l’allenatore. Scesero in campo con Enrico in porta. Enrico non sbagliò una parata, e ad un certo punto Ricciolo fece un goal e vinsero la partita. Tutti presero Enrico in braccio e lo portarono in trionfo per tutto il campo. Da allora Enrico giocò sempre come primo portiere e si divertì sempre tanto. In breve tempo divenne famoso con il nome di: il portiere silenzioso. E siccome Enrico aveva il desiderio di giocare in una grande squadra, Leo si impegnò per aiutarlo a coronare quel sogno: e così accadde.

Redazione Medasa per Medasa.it