Radio Alter on the Road Communications ha incontrato Ginevra Di Marco, cantante ed artista di profonda sensibilità che ha presenziato al “Festival Pazza Idea” di Cagliari, al Ghetto degli Ebrei, con il trio Francesco Magnelli e Andrea Salvadori, con la loro ultima produzione discografica “La Rubia canta la Negra”. È un omaggio a Mercedes Sosa, a Violeta Parra e Victor Jara, cantautori e poeti latinoamericani che con il loro canto, esilio ed impegno civile e politico, davano voce agli sfruttati ed i poveri dei loro paesi e del mondo. Erano gli anni delle dittature militari, dei colpi di stato e  degli imperialismi delle superpotenze che, per lo sfruttamento dei territori e dei popoli, mettevano in atto feroci torture senza riguardo per alcuna dignità umana. Abbiamo conversato con Ginevra sull’importanza della memoria  e del ricordare la storia, perché nonostante “Todo cambia”, alla luce degli ultimi avvenimenti planetari odierni, il canto di una Mercedes Sosa e Violeta Parra e Victor Jara e León Gieco, hanno sempre più valore attuale di incarnare le sofferenze e dare voce alla speranza.

 

Ancora a Cagliari dopo il lungo viaggio con i CSI e i PGR. Oggi in una versione dove ci hai conquistato il cuore. Ci hai aperto il cuore riportandolo a riflettere su momenti molto tristi per noi donne. Hai cantato Violeta Parra, Mercedes Sosa, Victor Jara. Quanto valore ha continuare a cantare oggi le produzioni di questi grandi poeti latinoamericani che hanno lottato per le libertà e dignità umane?

Io credo che ne abbia tanto. È stato questo sentimento, il cuore della scelta di avere fatto un disco del genere, che è assolutamente fuori da ogni moda. Se ci pensi è una follia, in certi versi, riportare certi motivi, ma è proprio perché stiamo vivendo un momento così difficile. Credo che valga sempre la pena che personaggi di questa profondità, coerenza ed etica, proseguano il viaggio per sempre. È ovvio che Violeta Parra, Mercedes Sosa o Victor Jara non hanno bisogno di Ginevra. Loro esisteranno per sempre. Però io ho bisogno che la musica ed il canto abbia un grande senso. Non riesco a cantare per cantare, o a cantare superficialmente. Mi piace che il canto e la musica abbiano la possibilità di smuovere anche altri pensieri.

Cagliari ha accolto il tuo canto con grande entusiasmo e come se ci fosse una sete di sentire la speranza . Prima abbiamo parlato con Francesco Magnelli della speranza.

Probabilmente ce n’è un grande bisogno. È stato bello scoprirlo anche qua, dove mancavamo da tanto, però devo dire che è un sentimento diffuso. Le persone in genere mi ringraziano perché trasmetto questo sentimento.

C’è stata una scelta tra i canti sia come donna che come artista?

Per ciò che riguarda il repertorio di Mercedes Sosa è stato anche difficile scegliere, perché comunque devi fare un disco e devi inserire una serie di canzoni di un repertorio che ne ha tantissime meravigliose. Quindi la scelta è stata quella di cercare di creare un equilibrio fra significati importanti, messaggi, bellezza della canzone puramente musicale o melodica e ritmica. È ovvio che devi dare una eterogeneità, perché a noi piace fare dischi eterogenei. Ci è piaciuto dare un disegno più ampio possibile dell’artista che stiamo rappresentando. Quindi tutti questi aspetti hanno valso e contribuito nella produzione artistica.

Un’ultima domanda che ho fatto anche a tuo marito Francesco Magnelli. Avete tre figli. Come dice Manu Chao “Próxima estación Esperanza”. Che speranza diamo a questa gioventù che come noi non ha vissuto i sogni degli anni settanta ?

Si, e qui gli ideali sembrano abbattuti di questo tempo. Sembra una gioventù già disillusa anche in età in cui i giovani dovrebbero avere un fuoco interiore. Io credo che sia nostro compito costruire un’alternativa di pensiero, di ragionamento e di ascolto della musica. È ovvio che loro devono vivere il loro tempo, vivere i loro gusti e vivere tutto ciò che è stato diverso da noi. Però credo che sia importante dire: “guarda c’è stato anche questo”. Fare conoscere. Che poi sostanzialmente è la cultura. Penso che andare a nutrirli culturalmente, portandoli ai musei, al cinema, anche ai concerti nostri, o altre cose che possono arrivare attraverso di noi, che siamo tutt’altro, che arriviamo da tutt’altra esistenza, penso sia una ricchezza possibile. Poi se son rose fioriranno.

 

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