Radio Alter on The Road Communications incontra Gigi Marras artista sincero alla ricerca del paradosso letterario in musica. La sua musica e le sue canzoni suscitano all’ascolto il sorriso e la riflessione perché l’ironia è parte della nostra esistenza e perché l’ironia stessa è un carburante che spingere il motore della quotidianità esistenziale ad accendersi alla vitalità, nonostante gli ostacoli quotidiani che ognuno di noi incontra nel proprio percorso.

Come ti sei avvicinato alla musica posto che sei un ingegnere

Mi sono avvicinato prima alla musica che all’ingegneria. Come ingegnere probabilmente per seguire le orme di mio padre, anche se di fatto non ho mai fatto l’ingegnere. Ero giovane e forse mi sono iscritto in ingegneria un po’ per inerzia. La musica perché mia madre aveva studiato per tanti anni il pianoforte come privatista. Vi era a casa una chitarra sgangherata, che possiedo ancora, dove ogni tanto mamma cercava di trarne qualche melodia. Poi mi propose di fare qualche lezione e così studiai per un anno chitarra classica con un maestro. Da qui nacque la mia passione per la musica, momenti ed ore e ore a studiare e suonare in maniera inarrestabile cercando di riprodurre certi arpeggi che ascoltavo. È stato un colpo di fulmine. Poi sempre verso i quattordici e quindici anni mi piaceva anche inventare e scrivere canzoni, che oggi considero orrende, però in lingua italiana a differenza di molti amici che invece preferivano scrivere in inglese, forse per un pudore o vergogna del mostrare a nudo i loro sentimenti, e forse anche perché l’inglese era una lingua più sintetica che sembrava adatta per la musica. In seguito ho preso coscienza che dovevo scrivere dei contenuti e delle canzoni di cui non mi dovevo vergognare e da ciò ho sviluppato un mio scrivere attraverso l’esperienza.

Tu sei considerato oggi uno dei maggiori cantautori contemporanei in Sardegna

Dai non esagerare adesso.

Si lo sei perché non abbiamo un cantautorato che prosegue una certa tradizione

C’è Piero Marras.

Senza dubbio c’è anche Piero però lui è bilingue, mentre tu hai proseguito la tradizione di Francesco Guccini e Fabrizio De Andrè riportando nei tuoi testi determinati contenuti

Ho capito a cosa alludi. Infatti i miei modelli sono proprio De Andrè, Guccini e Claudio Lolli, la West Coast, Paul Simon & Art Garfunkel.  

Vi è una struttura tipologica di questa cantautorato nelle tue produzioni. Io non voglio togliere nulla a Piero Marras che amo e ne sono una grande estimatrice, però è anche vero che Piero Marras ha rivoluzionato e sviluppato un altro tipo di cantautorato in Sardegna

Anche se il primo disco Fuoricampo si allinea su questa strada

Concordo, ha rivoluzionato la canzone sarda

Ha potuto permetterselo perché conosce molto bene la lingua sarda. Io la capisco bene perché mia nonna e mia zia parlavano tra loro in casteddaiu; so dire qualche frase ma non padroneggio perfettamente la lingua.

Come è nata l’idea di fare un disco con le tue produzioni artistiche?

È successo questo: io ho sempre scritto e ho sempre inviato le mie produzioni ai concorsi musicali. Inoltre ho la fortuna di annoverare tra le mie amicizie dei musicisti molto bravi e profondamente professionali i quali mi invitarono a inviare i provini a “musicultura” , quello che allora si chiamava “Premio Recanati” e lo vinsi. È stata una gioia grandissima.

Il titolo di un brano è “Dio mi ha fatto non credente”. Vi è sempre una certa ironia in te.

Si mi piace un po’ il paradosso e mi piacciono molto i giochi di parole. I miei amici, di cui ti parlavo, mi incitarono così a fare un disco con il loro contributo artistico e musicale, tra quali Francesco Sotgiu, arrangiatore, batteria e violino, Massimo Tore contrabbasso, il grandissimo Fausto Beccalossi che poi è entrato a far parte del gruppo di Andrea Parodi. Nacque così questo disco che mi portò a prendere in modo più intenso questa attività.

Un disco che piacque molto ad Andrea Parodi

Esatto. Un disco che rappresentò proprio la nascita di una grande amicizia ed una profonda collaborazione col grande Andrea. Io dovevo preparare per il Premio Recanati la canzone che sarebbe andata nella compilation del cd e necessitavo di entrare in uno studio di registrazione  che mi concedesse, per circa un giorno e mezzo o più, quel tempo necessario per adempiere al lavoro. Mi rivolsi a questo studio dove stava registrando Andrea Parodi il suo disco bellissimo Abacada dopo l’uscita dai Tazenda. Non sapevo che ci fosse Andrea in studio. Ci conoscemmo e lui fu gentilissimo a lasciarmi lo studio per il tempo necessario della registrazione del brano, e in quell’occasione gli diedi anche un cd masterizzato dei miei brani. Mi chiamò alcuni giorni dopo per dirmi che gli piacevano molto i lavori e che stava preparando uno spettacolo sul cantautorato internazionale al quale voleva dare il titolo di una mia canzone, Tanti Canti. Mi volle ospite in suddetto spettacolo. Da qui è iniziata la mia collaborazione e amicizia con Andrea che è durata fino alla sua scomparsa nel 2006.

Andrea Parodi una grande anima con una profonda sensibilità.

Si concordo. Con lui era nata una bellissima amicizia. Lo ospitai anche a casa mia quando stava cercando casa per stabilirsi dalle nostre parti. Per me è una mancanza incolmabile.

La Sardegna ha perso molto perdendo Andrea Parodi.

Si tantissimo.

Questa tua ultima produzione che rimarca anche nella copertina una certa ironia, Gigi Marras con il vocabolo Gargarismi unito da linee colorate e con un titolo quasi onomatopeico.

Infatti è proprio così. Tutto è avvenuto perché un giorno navigando su internet ho trovato un sito dove era possibile fare degli anagrammi. Misi il mio nome e cognome e l’unico fu “Gargarismi” . Mi piacque molto ciò. Lo trovai stupendo anche perché la parola gargarismi ha tanti significati. Intanto è un qualcosa con cui ci si cura, ci si purifica e ci si sfoga, proprio in un periodo così triste come il covid, è ciò che si espelle. Un titolo degno del periodo. Il cd è composto da 13 canzoni intere e sette micro canzoni, elementi che a volte servono come collegamento a un tema successivo, altre volte sono legami contenutistici, altre volte ancora puro divertimento. Poi un’altra funzione della micro canzone è che spesso scrivendo un brano vengono in mente delle belle frasi o concetti che immediatamente riportano  allo stress del strutturare il tutto in strofa/ ritornello/ strofa. Così ho pensato che invece una frase brevissima andasse più che bene. Ecco come sono nate le canzoni brevi senza alcuna angoscia del creare il capolavoro dell’artista.

Mi ricordano le strutture formali dei poeti dell’ultimo 1800 che giocavano con le parole e le forme.

Ti riferisci ad Apollinaire?

Si proprio a lui.

Lo possiedo il libro dei Calligrammi dove le poesie rappresentano la forma del concetto che stanno raccontando.

Uno dei brani del cd viene accompagnato su youtube con il video “Non ho voglia di studiare”. Eppure tu sei uno studioso!

Io ho preso una seconda laurea circa cinque anni fa e ho potuto riassaporare quei momenti di quando ero uno giovane studente con quelle stesse emozioni studentesche. Nel corso una mia collega era addirittura compagna delle elementari di mio figlio. È  stata una bellissima esperienza. Però mi sono anche ricordato di quanto sia faticoso lo studio. Così è nata questa canzone, che non è assolutamente un invito a non studiare, è ironica perché dice che per fare qualunque cosa bene bisogna studiare.  

Con chi hai lavorato a questo progetto?

Il video è stato fatto da mio figlio Alberto Marras, artista che lavora nel campo del cinema come fonico di presa diretta in produzioni importanti come la Fandango. Nel cd c’è anche una sua canzone. I musicisti sono i Bufobaldi.

Perché questo nome?

Bufobaldi sono le iniziali dei cognomi. Bu per Ivana Buso, Fo per Franco Fois, Baldi per Giuseppe Baldino. Sono tre musicisti con i quali siamo amici fin da ragazzi e che mi accompagnano nei miei lavori.

Come hai vissuto questo periodo? Sembra sia stato fruttuoso data l’uscita di questo lavoro.

Per i musicisti è stato un periodo terribile. Io come informatico lavorando in ospedale ho avuto anche l’occasione di vivere la drammaticità della situazione molto da vicino. Per chi vive di musica un disastro per il loro lavoro.

Sicuramente uno shock per tutti posto che nei paesi occidentali è la prima pandemia dopo la seconda guerra mondiale. Il benessere ci ha fatto dimenticare quanto siamo labili.

Indubbiamente sono fatti tristissimi perché si perdono delle persone care, ma dietro ciò ci sono degli insegnamenti. Anche dietro le guerre, che sono il flagello dell’umanità, uscendone l’importante è ricordarsi di quello che è accaduto.

La memoria ha una sua funzione?

Si la memoria è importante perché vedere persone oggi che negano la Shoah è veramente insopportabile. Invece per me è stato molto interessante questo periodo nel lavorare scambiandoci il materiale musicale online con i miei Bufobaldi. Anche questa esperienza una crescita professionale.

Perciò la creatività non si è assopita?

No. La creatività spesso viene stimolata proprio dall’incontro con gli ostacoli. C’è da dire che è molto meglio suonare insieme, ma anche questa esperienza a distanza è stata una novità produttiva. Tutte le novità possono aiutare e tutti gli ostacoli hanno bisogno di essere superati per creare qualcosa di nuovo invece dell’ impigrirsi davanti ad essi.

Nel brano del video suoni anche il flauto dolce. Tu hai studiato questo strumento.

Si. Anni fa Franco Fois aveva convinto ciascuno dei suoi amici a studiare uno strumento diverso di musica antica per potere eseguire musica rinascimentale, medioevale o barocca. Io, posto che sono molto pigro, amo gli strumenti piccoli e leggeri da trasportare come il flauto dolce. Con questo strumento si può fare musica ad alto livello; basti pensare che nel barocco insieme al violino era lo strumento per eccellenza. In seguito con le dimensioni delle sale da ascolto gli strumenti con la voce più delicata pian piano sono scomparsi. Da poco tempo questi strumenti sono stati ripresi da gruppi che fanno lavori filologici. Io presi lezioni a Roma e da grandi insegnanti ed in seguito dato che non si poteva dare l’esame da privatista in Italia presi un diploma al Royal College of Music di Londra.

È stato un grande impegno!

Si un impegno, ma alla fine anche lì ho studiato molto ma con passione.

Possiamo affermare che Gigi Marras ha voglia di studiare. A dicembre avete aperto il concerto dei Tazenda. Come è stata questa bella esperienza?

È stata bellissima. Intanto è stato un grande piacere perché Gino Marielli mi ha scritto invitandomi ad aprire un loro concerto a Cagliari e presentare così il disco.

Gentilissimi.

Si dei grandi amici Gino, Gigi e Nicola dei Tazenda. Io avevo anche un po’ di paura perché nei manifesti non compariva il nostro nome ed il pubblico era quello dello zoccolo duro dei fans della band. Invece è andata molto bene. Il pubblico ha applaudito e apprezzato. Speriamo che si riprenda al più presto l’attività dei concerti.

C’è un sogno di Gigi Marras?

Si, essere sereno, fare musica e far conoscere la mia musica. Devo affermare che il brano non ho voglia di studiare era apparso come trailer di venticinque secondi nel disco precedente che si intitolava “quando sarò più giovane”, ed improvvisamente notai che gli ascolti e le visite di questo brano su youtube, che inizialmente arrivavano circa a mille visite, era giunto a venticinquemila visualizzazioni. Ho scoperto il perché dato che tutti i ragazzini utilizzavano la canzone per fare il video di tic toc posto che gli adolescenti sono invitati da questa frase non ho voglia di studiare.  

Possiamo affermare che questo tuo brano ha suscitato altra creatività.

Assolutamente si. Un fatto molto divertente.

Un’ultima domanda che pongo ai miei intervistati. Il SETI della NASA ipotizza degli sudi linguistici su quali modi e tipi di comunicazione si potrebbero instaurare da un incontro con entità aliene. Che tipo di musica tu gli proporresti? O come comunicheresti posto che sei anche un ingegnere? Con quali frequenze sonore?

È difficile. Posto che prima o poi li incontreremo o no … magari sono anche sordi. Il primo mezzo di comunicazione che adesso mi viene in mente è il cibo. Cercherei di comunicare con il cibo. La musica è un buon linguaggio per comunicare perché non trasmette contenuti, ma trasmette la sua propria struttura. Quindi un linguaggio più universale rispetto ad altri.

Comunicherai con il linguaggio alla Gigi Marras?

Certamente con il paradosso interplanetario.