Nato circa dodici anni fa a Carrara il Festival dell’Oriente fa tappa per la seconda volta a Cagliari. Diventato un tour per l’Italia il Festival vede presenti più di una ventina di paesi asiatici. Il festival è un caleidoscopio di tante rappresentanze  come il fattore commerciale e quello artistico. È presente lo street food asiatico mentre per gli spettacoli presenteranno tre palchi tematici. Ogni spettacolo rappresenterà il proprio paese. I giorni di apertura saranno sabato 15 e domenica 16, sabato 22 e domenica 23 ottobre. Nel giorno di chiusura verrà disfatto il mandala che i monaci tibetani hanno costruito durante il Festival per rappresentare il senso sacro della esistenza materiale e il suo disfacimento. Abbiamo incontrato Matteo Palagi dell’ufficio stampa del Festival.

Come organizzazione c’è nella vostra finalità l’intenzione di creare dei ponti culturali posto i tempi e la situazione geopolitica mondiale che stiamo attraversando?

Direi proprio di sì. Uno degli intenti del Festival sia proprio quello di creare dei ponti a carattere culturale, cioè cercare di mettere in comunicazione, come fosse un reticolato, la cultura italiana con le culture orientali e a loro volta in relazione con dei ponti le culture orientali fra di loro. Il Festival apre uno spazio dove all’interno coesistono e convivono letteralmente fianco a fianco persone e culture diverse. Questo aspetto non è secondario ma primario perché girando per il Festival ci si accorge dell’amicizia e dell’integrazione tra i presenti. C’è questo desiderio di scambio di usi e tradizioni e di far conoscere le proprie identità. Il Festival è come un villaggio dove ci sono persone che convivono provenendo da altri paesi.

Perciò possiamo affermare l’unione nelle diversità?

Direi proprio di sì. Le diversità nel loro aspetto positivo sono delle peculiarità nel tratto distintivo culturale, e nel momento in cui si accetta e si riconosce il diverso accentandolo a braccia aperte questo diventa integrazione.

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