CIP Sardegna: Agitamus in azione al Santa Caterina di Cagliari
Molto più di un’empatia. Il merito del progetto Agitamus è di accrescere in maniera considerevole la partecipazione emotiva, centrando in pieno l’obiettivo di avere una cognizione autonoma e responsabilizzata dell’universo paralimpico.
All’Istituto Comprensivo Santa Caterina in via Piceno a Cagliari il dirigente Massimo Spiga, come diversi altri suoi colleghi in altre scuole dell’isola, ha ritenuto opportuno abbracciare l’iniziativa per una scuola sempre più dinamica e fruitrice di nozioni che possano abbattere le errate percezioni nei confronti della disabilità.
Si applica con sempre più entusiasmo l’intelaiatura strutturata dallo psicologo dello sport Manolo Cattari E l’ausilio indispensabile del CIP Sardegna, con la presidente Cristina Sanna che continua a sostenere il percorso tracciato dal vice presidente vicario Paolo Poddighe. Il tutto finanziato anche da un robusto contributo della Regione Sardegna.
Nella scuola del capoluogo isolano è stata coinvolta una quinta elementare, seguita dall’insegnante di sostegno Fabrizio Mascia e una terza media responsabilizzata dall’insegnante Lucia Soi. Ad amalgamare il tutto ci ha pensato la coordinatrice territoriale Oriana Pistidda che è stata di supporto anche allo psicologo Andrea Pira nel ruolo di gran pungolatore dei protagonisti.
In primo piano come sempre gli sportivi del luogo che hanno assecondato in pieno l’essenza dei tre moduli a loro riservati. Nell’incontro incentrato sul “Pensare e comunicare diversamente” è stato grande protagonista, in rappresentanza della federazione FISDIR (Federazione italiana sport paralimpici degli intellettivo relazionali), il nuotatore della Sa.Spo Cagliari Nicola Incani, accompagnato dal tecnico Toni Satta.
Quando si è sviluppato il tema “Vedere e sentire diversamente” sono stati invitati i due atleti non vedenti di Torball e Goalball che fanno capo alla FISPIC (Federazione Italiana Sport Paralimpici per Ipovedenti e Ciechi), Antonello Lai e Simone Scalas, entrambi tesserati con la Tigers Paralympic Sport di Cagliari e accompagnati dal tecnico Mario Trogu.
Il terzo siparietto ha avuto come protagonista l’argomento “Muoversi diversamente”: sono entrati in scena i due giocatori amputati del Sitting Volley Cagliari facenti capo alla Federazione Italiana Pallavolo (FIPAV) Moreno Marchetti e Walter Meloni.
Le parole degli stessi paralimpici sono importanti per cogliere l’essenza scaturita dall’interazione con i discenti. Antonello Lai non cerca fronzoli per definire molto bella la parentesi didattica: “Ho avuto sensazioni particolari specialmente con i bambini piccoli – riferisce – molto curiosi e propositori di belle domande. Gli alunni della terza media, inizialmente, non volevano sbloccarsi, ma alla lunga si sono sciolti e ne è scaturita una bella esperienza. Rispetto a come ero io quando frequentavo la terza media non ho trovato particolari differenze, anche noi alla loro età eravamo timidi e curiosi”. Praticamente identico il pensiero del suo compagno di scuderia Simone Scalas: “Alle prese per la prima volta con un progetto del genere – sottolinea – mi sentivo un po’ di ansia addosso. Alla fine non è stato così difficile, avrò il piacere di fare altre chiacchierate con gli studenti”.
La simpatia di Nicola Incani è contagiosa e lui stesso si è divertito un mondo: “Tutto è andato per il meglio – osserva – perché mi sono trovato bene sia con i bambini, sia con i ragazzi più grandi. Tra loro ovviamente sono molto diversi, c’è chi si esprime con più disinvoltura, c’è chi ha maggiore difficoltà, insomma ognuno incarna un modello di mente diversa. Ma nel complesso ho notato che mi hanno ascoltato parecchio e con tanta curiosità”.
Nel momento in cui i pallavolisti hanno interagito e giocato con i piccoli discenti la gioia è stata irrefrenabile. Ecco in primis il giudizio di Moreno Marchetti: “Giornata appagante, carica di esperienza e molto stimolante. I ragazzi non si sono mai soffermati su banalità, anzi, hanno sfruttato la loro curiosità per apprendere e capire in particolar modo tutto ciò che ruota attorno alla disabilità motoria. Dopo questa esperienza il mio bagaglio culturale è sicuramente accresciuto perché non avevo mai interagito con ragazzi di quell’età. Ed è uno stimolo in più per essere d’esempio per le nuove generazioni”.
Walter Meloni si è espresso così: “ I ragazzi sono apparsi molto operosi; però quelli maggiormente reattivi sono stati gli alunni della quinta elementare, che hanno interloquito con noi facendo domande particolarmente ragionate, vista anche l’età; per esempio volevano sapere come ci guarda la gente. Mentre quelli della media li ho visti più trattenuti. Mi conforta constatare che nel 2019 i giovani discenti si sforzano per capire certe dinamiche”.
A tirare le conclusioni finali ci pensa lo psicologo Andrea Pira: “Avevo già esperienza di circle time e gruppi con gli studenti nella scuola – rammenta – ma lavorando per il progetto Agitamus mi son stupito per la velocità con cui è positivamente cambiato il punto di vista tra i bambini e gli adolescenti sulla diversità dell’ “altro da sé”, reale o percepita. Lo “spazio psicologico” che il progetto Agitamus prevede nella sua struttura ha permesso di osservare e verificare la rilettura personale, interna, differente per ognuno dei partecipanti, della disabilità o per meglio dire della diversità, sia essa motoria, sensoriale, relazionale”.
“In Agitamus lo spazio di condivisione è lo stesso per gli alunni, gli insegnanti, gli atleti paralimpici, gli psicologi coordinatori del progetto, tutte le parti di questo sistema seminano e raccolgono dal loro contributo, dal loro punto di vista. Ogni parte arricchisce e amplifica la potenza della diversità, quando è condivisa e accolta. Nell’istituto Comprensivo S. Caterina di Cagliari, ho potuto anche io far parte di questo sistema, ho potuto osservare un ciclo virtuoso innescato dalle esperienze, non solo raccontate e condivise, ma vissute all’interno delle ore dello stesso progetto, nuove memorie e nuove consapevolezze che son certo susciteranno altrettanto nuovi scenari di accoglienza della nostra diversità e di quella dell’altro che ci sta davanti”.