— Proporzione di parti con taglio cesareo primario —


L’OMS fissa al 15% la percentuale dei parti cesarei, quale valore indicativo dell’ appropriatezza di tale procedura chirurgica, assolutamente non scevra da rischi e talvolta sottovalutata anche dalle madri, che vi ricorrono per sottrarsi alla sofferenza del travaglio.
Essendo un atto chirurgico in tutto e per tutto, nonostante la bassa percentuale di complicanze, soprattutto qualora eseguito in elezione, è opportuno ricorrervi solo là dove esistano indicazioni materne o fetali specifiche.


L’analisi di tale indicatore mette in risalto, come, nell’ambito dell’ATS, 5 aree (Sassari, Olbia, Nuoro, Oristano, Carbonia) mostrino un incremento, seppure molto modesto nel caso di Nuoro, mentre le restanti 3 (Lanusei, Sanluri, Cagliari) evidenziano un calo sensibile soprattutto nell’area di Lanusei, che è infatti l’unica a raggiungere un valore normale anche con la Griglia Lea; accettabili anche i risultati di Oristano, Carbonia e Cagliari, mentre Sanluri pur perseguendo uno scostamento rilevante mostra un trend in diminuzione.


Il regolamento del Ministero della Salute sugli standard quantitativi e qualitativi dell’assistenza ospedaliera (DM 70) fissa al 25% la quota massima di cesarei primari per le maternità con più di 1000 parti annui (linea rossa) e al 15% per le maternità con meno di 1000 parti annui (linea verde).
Escludendo le strutture con meno di 500 parti/anno di cui si prevedeva la chiusura già con l’accordo Stato Regioni del 2010 e che nella maggior parte dei casi sono interessate da un elevato ricorso al parto chirurgico, nel 2017 solo il 14% delle maternità con  36 meno di 1000 parti e il 63% dei punti nascita con volumi superiori a 1000 presentano proporzioni in linea con il DM 70. Se assumiamo come riferimento la soglia massima stabilita dalla OMS (15%), i punti nascita che rispettano lo standard sono solo il 22% (meno di una maternità su quattro). (Programma Nazionale Esiti PNE Edizione 2018)
(Fonte: ATS SARDEGNA)

Adriano Micheli Per Medasa.it