Suggestioni (ricordando il crollo del Muro di Berlino) : La fine e’ un inizio.
Suggestioni (ricordando il crollo del Muro di Berlino)
La fine e' un inizio.
La vecchiaia arriva all'improvviso, come il messaggero notturno del Vangelo.
A volte si annuncia con un crash dell'equilibrio fisico, altre con il collasso
della sfera psichica…in qualche caso si annuncia poco prima…un dolore al
ginocchio che non recuperi e limita la tua solita passeggiata in montagna, la
difficoltà a riconoscere i luoghi e la sensazione angosciante di esserti perso.
Scricchiolii…che a confronto quelli del patto del Nazareno tra Renzi e
Berlusconi sembrano i passi leggeri di una colomba sul tetto.
Poi tutto ha un effetto valanga e ti senti da oggi al domani un abito dismesso e
abbandonato, una presenza inutile e forse ingombrante, come un albero solitario
ai bordi di una strada di campagna, che non fa più ombra.
Non so se questo avvenga anche nella storia dei popoli.
Esiste un termine gentile eppure orribile nel linguaggio degli storici per
definire l'inizio della fine di una nazione, di una civiltà…il declino…il
volgere al basso di un astro, il progressivo abbassarsi della luce solare prima
delle tenebre, la scomparsa nelle ombre della sera di un giorno che si era
annunciato limpido nell'azzurro del cielo.
Il declino e la caduta dell'impero romano, la civiltà che Eduard Gibbon dice
travolta dalla forza giovane e irruente dei barbari e dei cristiani, ma che era
invece semplicemente vetusta, incapace di correre con la forza del suo passato
repubblicano e la speranza degli anni di Mario, di Cesare e di Augusto.
Il declino e la scomparsa degli imperi maya e aztechi e prima ancora degli
ittiti, degli urriti e dei minoici, dei micenei e degli egiziani…travolti i
primi non dai rozzi conquistadores analfabeti e fanatici di Cortez e di
Pizzarro, ma dal clima e dal progressivo inaridirsi della terra…e gli altri
dagli assalti feroci e determinati dei popoli del mare, forse già in possesso
delle armi di ferro.
Sono scettico sull'ipotesi che a distruggere i palazzi di Micene e di Tirinto,
di Argo e di Pilo e di Cnosso siano stati anche i Sardi uniti in un'alleanza
micidiale con gli Anatolici e gli Egei…terribile destino di un popolo, oggi
ricordato per i nuraghi e le tombe preistoriche senza che nessun poeta ne abbia
cantato le gesta, quando erano i dominatori del mare.
Ma non ci voglio credere perché la mia mente, nutrita di letture classiche, non
accetterebbe che il nostro popolo nuragico abbia posto fine al mondo di
Omero…alla civiltà di Minosse e di Ulisse…non voglio pensare che Telemaco,
dopo aver salvato il trono col padre ritrovato e aver trionfato sull'arroganza
dei Proci, sia caduto per mano dei nostri progenitori sardi.
Leggero' quindi con ansia il libro di Erich Cline, "Il collasso della civiltà",
che parla, appunto, del crisi mortale dell'Eta' del Bronzo, legato alle
variazioni climatiche, alle migrazioni e alle difficili e violente relazioni
internazionali. Un mondo civilissimo, devastato dalle guerre e minato dalla
pressante ricerca di nuove frontiere…un mondo che scompare apparentemente
dall'orizzonte della storia.
Dico apparentemente perché non credo che esista un tracollo definitivo di una
civiltà, che e' fatta di segmenti più o meno vitali e incisivi nell'evoluzione
del mondo, con tramonti e albe sull'eterna ricerca dell'uomo della felicità. Il
crollo di un impero non segnava necessariamente la scomparsa della sua
civiltà…Roma sopravvisse per mille anni sotto i paramenti degli imperatori
bizantini, che a loro voleva lasciarono la loro eredità alla Russia…la terza
Roma…e ancora oggi, nonostante la distruzione fanatica delle civiltà
precolombiane, questa riverbera sull'arte e il vissuto quotidiano delle
popolazioni amerinde.
Mi conforta nelle mie idee Paul Kennedy, che nel suo "Ascesa e declino delle
grandi potenze", ripropone il concetto del declino come passaggio ad una civiltà
successiva, che ingloba elementi vitali del mondo precedente.
E comunque tutto e' relativo. Io sono vissuto col mito di un'America democratica
e liberatrice dal pericolo nazista…e oggi molti sostengono, nonostante
l'annuale incetta di premi Nobel, che sia sul viale del tramonto…lo dissero
anche per l'Inghilterra dopo il ritiro dal Nord America e invece fece in tempo a
sconfiggere Napoleone e a conquistare metà del mondo conosciuto…
Ma mi sconforta il fatto che allora lo scontro era tra civiltà omogenee, mentre
oggi viviamo un periodo di incertezza legato alla lotta tra una civiltà
strutturata come quella occidentale e il magma incandescente e ingovernabile del
mondo islamico, agitato da spinte emotive che nulla hanno a che fare con la
nostra storia. E nello sfondo vigila impaziente il popolo giallo.
Benjamin Barber mi sbalordisce perché sostiene che oggi sta nascendo la civiltà
cosmopolita basata non sugli Stati, ma sulle Città globalizzate, con sistemi di
produzione di organizzazione politica diretta…un mondo governato dai sindaci e
dai consigli comunali, non piu' dai governi…un ritorno quasi naturale alle
Polis greche, confederate e spesso in guerra…Atene contro Sparta, tutti
insieme appassionatamente contro Tebe…ma unite dallo spirito greco, dal mito
che diventa filosofia e logos…Esiodo e Talete e Aristotele…la Città fulcro
della civiltà comune, che supera i confini delle mura urbane per raggiungere
altre acropoli sacre e costruire valori eterni.
Non so se Barber abbia ragione, ma forse si.
Lo penso oggi, 9 novembre, a venticinque anni dalla caduta del muro di Berlino,
che segnava il collasso di un impero e la resurrezione di una Nazione. Un giorno
fatidico che cambia la storia dell'uomo, ancora una volta con i toni del giorno
del giudizio… come la battaglia di Qadesh tra egiziani e ittiti nel 1274, la
guerra di Troia quasi coeva per il possesso dell'Asia tra greci e teucri che
mise di fronte per la prima volta Europa e Asia, lo scontro tra Ramesse III e i
Popoli del Mare nel 1177…un secolo di guerre che inabissarono le quattro
civiltà cui il mondo Occidentale deve tutto. E poi…altre guerre, altri
massacri di popoli e altri declini di destini imperiali…Maratona e le
Termopili, ancora una volta Europa contro Asia con Dario contro Milziade e Serse
contro Temistocle, 490 e 480 a.C…e poi la battaglia di Isso, Alessandro
contro Dario, un altro Dario dal destino infausto, che nel 333 a.C. vide la
scomparsa di un impero antico padrone del mondo…e poi Roma, con la scomparsa
della civiltà Punica, e poi essa stessa distrutta dai Barbari e poi
Costantinopoli, che nel 1453 cessa di esistere, travolta dalla nuova civiltà
islamica.
Nessuno forse si rese conto della caduta dei vecchi mondi legata a quelle
battaglie…come io non capii subito che il crollo del Muro di Berlino segnava
la fine di un ciclo e l'inizio di una nuova era. Ero di fronte alla tv in
bianco e nero…non capivo cosa stesse dicendo lo speaker…vedevo la folla
passare sotto la porta di Brandenburgo liberamente, con i Vopos comunisti armati
di inutili mitra…e poi le migliaia di Trabant puzzolenti per le strade in
festa di una capitale riunita…e gli abbracci infiniti di famiglie che si
ritrovavano…un momento storico incastonato in un mondo infinito di emozioni,
di affetti.
Città turrite, cosmopolite, centro dell'universo conosciuto, che crollano,
collassano, scompaiono… e con esse i loro re, i loro dei, la loro scrittura.
La polvere che copre il codice di Assurbanipal, la stele di Rosetta, le
tavolette della lineare B, i fori romani…voci innumerevoli assorbite nel
silenzio siderale dei mondi scomparsi.
Erano le Città, quindi, a segnare i punti cruciali del nostro passato?
Sarebbero esistita la Grecia senza Atene e Sparta…l'Italia senza Roma e le
splendide civiltà comunali come Firenze, Milano…sarebbe esistita la Sardegna
senza le sue Città Regie…
Non lo so, ma non credo che esistano città pur potenti capaci di perpetuare una
civiltà che nasce da più voci, da gente diversa accomunata nei valori comuni
distillati in millenni di convivenza, di scontri, di speranze e delusioni.
Perché questa e' la vita dell'uomo.
Una lotta continua contro i confini della propria natura mortale infranti e
sconfitti dalla mente e dal cuore rivolti verso l'eterno futuro.
Tonino Serra