ts


 Suggestioni: Silenzio.


 

Leggo che sono in crisi il talk show, i programmi televisivi come quelli tenuti da Giannini o da Floris dove una folla di ospiti vocianti parlano di tutti gli argomenti dell’orbe terracqueo, passando dalla compostezza da galantuomini all’insulto da angiporto, dalla leggerezza di una battuta all’enciclica papalina, dalla pacatezza cardinalizia all’urlo da stadio e al sonoro ceffone…il tutto condito da applausi spesso incomprensibili, ma sempre ispirati alla più smaccata partigianeria…le truppe cammellate al servizio dell’ospite di turno, illuso di poter bissare quel falso successo televisivo nella vita reale di tutti i giorni. Non credo che siano in crisi gli sproloqui televisivi, come non sono in crisi le sindromi logorroiche di chi incontriamo per strada e pretende di bloccarci per fare una summa della sua vita terrena allargata a quella dei figli…naturalmente geni…o dei nipoti neonati che dalle loro carrozzine lussuose si avviano a diventarlo. Mai che uno ti incontri e stia zitto. Va be’, esagero, lo prenderei per scemo, ma mi piacerebbe molto che si riscoprisse il silenzio, che e’ l’arte di ascoltare se stessi o gli altri, e di imparare ascoltando. Michele Ainis, che dopo Giovanni Sartori ritengo il politologo più chiaro e ironico del Corriere della Sera, oggi si interrogava sul silenzio del Presidente Mattarella: e’ la più perfetta espressione del disprezzo, come diceva George Bernard Shaw? O e’ l’albero da cui pende la pace, come scriveva Schopenhauer? O, ancora, la prudente affermazione di Wittgenstein “su ciò di cui non si può parlare si deve tacere”? Scegliete voi, ma tenete presente anche che “le persone che non fanno rumore sono le più pericolose” e che ” lo stolto che tace viene preso per saggio”. Quanto a me devo dire che “saepius locutum, nunmquam me tacuisse poenitet”, come confessava Publilio Siro 100 anni prima di Cristo e che il mio amico Franco Plaisant tradurrebbe all’impronta con ” mi sono spesso pentito di aver parlato, ma di aver taciuto”…agitoriu! Sembra un frase da clan dei Casalesi…ma quanta verità, se ci pensate… Capita infatti di parlare quando serve stare zitti e viceversa, di lanciarsi in dotte elucubrazioni quando sarebbe più indicato il silenzio…tutto dipende dall’errore diffuso di non prestare attenzione a quanto ha fatto madre natura, che se ci ha dato due orecchie e una sola lingua, be’…qualcosa avrà pur voluto suggerirci…almeno parlare per metà tempo di quanto ascoltiamo. E invece non solo non ascoltiamo, ma parliamo il doppio di quanto riusciamo a sentire, sovrapponendo le nostre parole a quelle dell’interlocutore, schiacciando con una valanga di parole assolutamente inutili un’argomentazione fatta di pochi elementi logici. E gli applausi finali ci convincono, se ce ne fosse ancora bisogno, che la nostra forza e’ proporzionale al numero di parole prodotte al minuto e rese più incisive dai decibel con cui vengono proiettare verso il mondo in trepida attesa e in prona adorazione. La poesia esalta il silenzio…quello “germogliante” di Pavese, quello “oscuro” di Antonia Pozzi; quello che segue all’estinzione degli uomini, spezzato dal frinire delle cicale, di Umberto Saba; di Saramago…ogni persona e’ silenzio; di Neruda che chiede silenzio non per morire, ma per vivere; di Lee Masters…il silenzio delle stelle e del mare; di Leopardi…il colle e la siepe protettiva contro l’infinito; di Ungaretti, nella città che sparisce all’orizzonte mentre il mare trascina al largo il bastimento. Ma il silenzio si può ascoltare nei versi scolpiti nell’anima di Federico Garcia Lorca: Ascolta…il silenzio. E’ un silenzio ondulato, un silenzio, dove scivolano valli ed echi e che inclina le fronti al suolo. Il silenzio che parla mille linguaggi solo con lo sguardo degli uomini e degli animali. Il silenzio che sottrae alle parole gli aggettivi della poesia. E’ silenzio profondo ascoltare il dolore, che resta sempre e solo tuo, senza interferenze, perché vi leggi le tue debolezze e le tue forze. E’ silenzio pensoso il muoversi lento delle foglie oltre i vetri nella serata invernale, cambiando il colore dei fiori con la loro ombra. E’ silenzio buono il tacere magico degli amanti che conoscono solo i sentimenti e il pericolo delle parole inadeguate. E’ silenzio pietoso il tacere prima di dire la verità a chi non potrebbe sopportarla. E’ silenzio sospeso la mano sulla fronte del bambino malato, il petto minuscolo che si leva nello sforzo di vivere. E’ silenzio paziente ignorare l’offesa, guardare il nemico per scorgerne l’umanità nascosta. E’ silenzio dignitoso non dire la verità che ferisce, in attesa di scegliere le parole che rasserenano e rendano vita al discorso interrotto. E’ silenzio rispettoso chinare il capo su sofferenze che non si capiscono ma si intravedono negli occhi ciechi di chi non scorge piu il sole dell’esistenza. E’ silenzio dovuto se si e’ semplicemente consapevoli di non avere parole adatte a esprimere il disagio, il peso degli equivoci, l’angoscia per i sentimenti traditi. E’ silenzio muto l’abbraccio a chi ha perso un figlio e sta immoto a salutare gli amici e a ringraziarli senza parlare, sapendo che a casa non ci saranno più parole col figlio scomparso. E’ silenzio senza parole che diventano inutili e faticose quello di chi sta per morire e cerca di carpire l’ultimo barlume di luce del giorno che non vedrà tramontare o dalla notte senza aurora.


 

Tonino Serra