La faccia oscura della Luna : Lucrezia
La faccia oscura della Luna : Lucrezia
Il cane si mise a ringhiare, poi si allontano' velocemente da sa piscina
ululando.
Elias lo vide da lontano corrergli incontro, come a cercare aiuto, e lasciò le
capre sparse nella collina brulla per andare a vedere cosa avesse allarmato così
Morettu…era un cane da pastore, intrepido e fedele, e non si era mai
comportato così. Sembrava terrorizzato.
Da Maragedu il corso del fiume si dispiegava come un nastro luminoso tra la
boscaglia e si incuneava in uno letto scintillante di scisto, stretto e
azzurrino, sormontato da un fragilissimo ponticello di legno. Il villaggio
sorgeva poco oltre il fiume, a mezza costa, sotto il vigile tempio di
Sant'Elena…più a valle, la chiesa di Su Spiritu Santu, bianca e ricca di
archi, segnava il suo confine orientale, che aggettava sul fiume oltre s'ortu
de Marigosu Serra.
Is piscinas occupavano la stretta vallata prima del ponte e quando Elias vi
giunse aprendosi la strada tra i bassi cespugli, Morettu lo aveva preceduto,
abbaiando e girando intorno a se stesso, in preda ad un'incontenibile
eccitazione.
Lo colpi' con disgustosa violenza il fetore della putrefazione. Guardo' intorno
per localizzare la carogna, pensando che si trattasse di una capra scomparsa una
settimana prima e precipitata forse da un picco franoso. E invece, li' in mezzo
all'acqua verdastra, ruotava lentamente un corpo di donna, ancorato ad un
arbusto spinoso dalla lunga veste bianca. I lunghi capelli neri erano sparsi
nell'acqua e fluttuavano come emanazioni rapaci di una creatura maligna.
Susanna fu trovata morta a Maragedu, in sa piscina di Geddi..che poi prese il
suo nome…il tre luglio 1817.
Aveva stretta al collo una fune di pelo di capra e il flebotomo non ebbe
dubbi…era stata strangolata e buttata in acqua, forse quando era ancora viva.
Le condizioni del corpo erano talmente pietose che si dovette rinunciare a
portarla in paese per essere sepolta nel cimitero di sant'Elena e le si scavo'
la fossa nel letto del fiume.
Un delitto efferato, che il major di giustizia ebbe difficoltà a decifrare.
L'uomo uccideva per interesse, per odio o per passione, anche in quel piccolo
villaggio adagiato su una collina di querce disperse.
Si parlo' inizialmente di una vittima della faida che allora contrapponeva le
famiglie Lorrai e Depau. Quindi si indago' sulla vita privata dell'uccisa,
cercando tra le sue amicizie, giacché di inimicizie scoperte non se ne
conoscevano.
Susanna contava appena diciotto anni, ma non era ancora sposata. Qualche
malalingua aveva messo in giro la voce che fosse incinta e si penso' subito ad
un delitto commesso dai parenti per cancellare l'onta familiare. Furono
arrestati i fratelli, ma l'inchiesta dimostro' che Susanna non era gravida;
cadeva quindi il movente del delitto d'onore e, dopo un anno di carcere, i
fratelli furono rimessi in libertà. Eppure si sapeva che la ragazza amoreggiava
con un giovane carrolante del paese…un amore fatto di sguardi rubati e di
parole sussurrate…non di più, che' allora altro non era permesso agli
innamorati.
Il major scopri' che quel ragazzo era conteso tra diverse giovani donne in età
di matrimonio…e fu informato che alcune settimane prima, mentre attingevano
l'acqua alla fonte Lorista, Susanna aveva bisticciato con Lucrezia, una ragazza
più grande di pochi anni, alla quale rinfacciava un atteggiamento sfacciato con
quello che riteneva suo fidanzato.
Il giorno del delitto sia Sesilia aveva visto Susanna allontanarsi dal villaggio
per fare legna proprio con Lucrezia e con Anna, un'amica comune. Avevano con se
' le capre mannalisse e sembravano serene…come lo sono di norma le giovani
donne che vivono di sogni e di speranze, immerse nella certezza di un futuro
senza nubi.
Dalla campagna sotto il paese, nel primo pomeriggio erano tornate solo Lucrezia
e Anna. Susanna si era attardata, dissero, a cercare la capra che era salita in
un caraili da cui aveva difficoltà a scendere…ma la sera calava e quando i
familiari, preoccupati del suo mancato rientro a casa, erano andati a
cercarla, non l'avevano rintracciata. La notte era trascorsa nella
veglia…molti erano sciamati armati di torce nella campagna silenziosa immersa
nel buio, e i loro richiami erano a lungo risuonati nella collina e lungo il
greto del fiume…Susanna, Susanna, ohhhh, Susa'…a ubi ses…
L'avevano cercata anche nei giorni seguenti, ma inutilmente.
La mattina di tre giorni dopo Elias era giunto trafelato in paese, pallido in
volto…e racconto' della tragica scoperta…Susanna era morta annegata…così
gli era sembrato, perché non aveva toccato il corpo immerso in sa piscina.
Scartato il delitto d'onore, i sospetti si appuntarono sulle due ragazze che per
ultime avevano visto Susanna viva. Lucrezia poteva aver ucciso per gelosia…e
Anna poteva essere stata complice o, forse, poteva aver assistito all'omicidio
senza avervi partecipato.
Quando i giurati di giustizia andarono a prenderle, si sentirono morire. E
volsero gli occhi in un addio struggente al loro villaggio quando, scortate dai
barracelli a cavallo, furono condotte al carcere mandamentale di Ierzu, in
s'Arcu de sa Giustissia. Il pretore le interrogò, ma pochi giorni dopo le fece
tradurre a Casteddu, dove furono rinchiuse nella torre di san Pancrazio,
costruita dai Pisani nel 1300 e destinata a carcere per i detenuti in attesa di
giudizio.
Le due ragazze conobbero l'angoscia degli spazi ristretti, la promiscuità, la
brutalità delle guardie. Erano belle e il carcere non rispetta che l'infamia e
il male.
Quando comparvero troppi mesi dopo di fronte agli sguardi impassibile dei
giudici della Real Udienza, ieratici nella toga rossa, le mani posate sui codici
aperti, le due accusate erano irriconoscibili…erano vestite con poveri cenci e
lo sguardo era assente, spento…come un vampiro, il carcere aveva assorbito la
lucentezza della loro giovinezza.
Negarono tutto…non avevano ucciso Susanna…l'avevano lasciata a Maragedu nel
primo pomeriggio…lei si era attardata, per cercare la capra… diceva…ma
loro avevano pensato che dovesse incontrare il suo spasimante e si erano
allontanare motteggiandola.
Certo, alla fontana avevano bisticciato… si…ma non per quel
ragazzo…Lucrezia le aveva rivolto parole scortesi solo perché le era passata
davanti alla sorgente, ma capitava spesso che si bisticciasse per il turno
dell'acqua, poi tutto tornava in pace come prima.
I giudici non ebbero dubbi. Le accusate erano reticenti, non dicevano la verità
e il presidente del tribunale non ebbe dubbi…perché dalla loro bocca uscisse
la verità, le avrebbe sottoposte alla tortura…e nel retro del verbale del
processo vergo' velocemente la durata del tormento…avrebbero saputo solo lui e
il boia, ma non le accusate, che avrebbero dovuto aspettarsi una tortura
illimitata.
Susanna fu portata nella "sala del tormento", spogliata delle sue vesti e
rivestita con una tunica bianca. Su buginu le legò i polsi dietro la schiena e
vi fece passare una corda che pendeva da un gancio del soffitto. Susanna era
cerea, tremava come un cagnolino sotto la tempesta, volgeva gli occhi intorno
invocandosi alla Madonna, chiamava tra i singhiozzi la mamma…e cercava di
nascondere le sue gambe nude e il seno coperti malamente dalla divisa della
tortura.
Ad un ordine del magistrato, seduto su un alto scranno, il boia diede un tratto
di corda sollevando di scatto la poveretta, che diede un grido disperato…le
spalle si lussarono con un sinistro scroscio e Susanna svenne. La sala della
tortura si riempì del fetore delle feci della torturata, che cadde a terra come
un peso morto. Il chirurgo le si avvicinò e pietosamente le ridusse le
lussazioni mentre era ancora priva di conoscenza.
Torno' in se' tra i dolori atroci. Non sentiva più le spalle, ma le mani erano
percorse da serpenti di fuoco…urlo' facendo echeggiare le volte della sala del
supplizio, si dibatte' appena il boia si avvicinò per legarla nuovamente alla
fune, morse il camiciotto come una pazza furiosa…e quando si senti' sollevare
di nuovo e le giunture delle spalle cedere sotto il suo peso, urlo' di
smettere…avrebbe parlato, avrebbe confessato tutto…si, aveva ucciso lei
Susanna, lei sola mentre Anna era lontana…l'aveva uccisa per gelosia…lei
così bella e corteggiata, che le aveva rubato l'amore della sua vita…
Il 26 agosto 1820 Lucrezia fu condannata a sette anni di prigione da scontare
nella Torre di san Pancrazio. Addetta alle cucine, nei primi tempi non soffrì
molto la detenzione…solo le mancava l'aria fresca del suo villaggio e il canto
libero della sua giovinezza.
Ma in pochi mesi tutto cambio'.
Divenne praticamente la schiava della moglie del capoguardia, che la faceva
lavorare giorno e notte senza neppure passarle la misera paga della prigione. In
breve tempo divenne l'amante del figlio del capoguardia e, prima che passasse
un anno dalla condanna, fu praticamente la prostituta della Torre…trattando
tutto il giorno con le guardie e il barrilaio…
Restò incinta più volte e sempre fu costretta ad abortire, tra le continue
sevizie dei guardiani. Impazzi', Lucrezia, e vagava in delirio nei cortili
fetidi della Torre.
Il medico non seppe fare altro che prescrivere di tenerla in infermeria, ma i
suoi seviziatori continuarono a tormentarla e la tennero coricata a terra tra i
suoi escrementi.
Passo' un mese e mezzo prima che si decidessero a ricoverarla all'ospedale di
sant'Antonio, a due passi dalla porta di Stampace, che si apriva sulla strada
che portava in aperta campagna.
E in un letto d'ospedale morì Lucrezia, all'alba del 19 aprile 1826, pochi mesi
prima della libertà…fino alla fine mormorava rantolando…non sou eu, non sou
eu.
Fu sepolta in una fossa comune, nella chiesa di san Sepolcro, luccicante di oro
e di argenti. Il prete non conosceva il suo nome, ne' quello degli altri tre
galeotti che le fecero compagnia dentro la fossa…non ci fu pietà per Lucrezia.
Tonino Serra