La faccia oscura della Luna: Ornella
La faccia oscura della Luna :Ornella
Quando il marito le aveva mostrato l'accredito della sua buonuscita…65 milioni
per trentasei anni di lavoro…Marisa gettò il modulo per terra e lo
schernì…che razza di uomo, non vali nulla, ma sai che Luigi ha avuto
centocinquanta milioni e la moglie fa la signora, non la morta di fame come me e
le tue figlie…
In un mese, Marisa aveva dilapidato tutto, con la sua mania del gioco e dei
gioielli…e dall'oggi al domani quella famiglia si trovo' a sopravvivere con
una pensione da fame.
La miseria improvvisa aveva reso Marisa ancora più cattiva.
E il cuore, da sempre arido, viveva solo dell'avida ansia di accumulare
soldi…mille lire erano uno spasmo di piacere, dieci mila una soddisfazione da
ingorda, centomila la ricchezza da difendere contro tutti. E siccome aveva paura
di ridiventare povera, si era data all'unico modo per moltiplicare il
danaro…praticava l'usura, senza pietà, con feroce determinazione.
E da un angolo della casa priva di affetto, a quei maneggi assisteva, impaurita
e impotente, la figlia Ornella che ogni giorno, ogni minuto, assorbiva
lentamente i veleni di quella esistenza.
Ornella aveva un carattere buono che, senza essere temprato dall'educazione,
l'aveva resa debole e indifesa nei confronti della vita, che riserva a queste
persone i colpi più duri.
Non aveva mai lavorato perché la madre l'aveva destinata ad un ricco
matrimonio…Ornella era affascinante senza essere bella e dotata di un naturale
portamento elegante.
Il padre stravedeva per quella figlia gentile e sottomessa, ma avrebbe voluto
che si laureasse in medicina, perché Ornella era buona con tutti, specialmente
con i malati. Ma il brav'uomo non riuscì a far valere le sue ragioni…era
succubo della moglie che lo comandava a bacchetta e lo trattava da suddito, come
d'altronde trattava la figlia che viveva il rapporto con la madre nella paura e
nella soggezione.
Marisa era una madre-padrona e una moglie padrona…e quando il marito si ammalò
gli vieto' di chiamare il medico e quando fu visitato si scopri' che era troppo
tardi.
Ornella trovava conforto solo nella sorella, che però l'abbandono' in poco tempo
per sposarsi con un ufficiale dell'aviazione. Non la vide mai più.
Ormai stretta nelle spire della madre, Ornella viveva solo se lei le permetteva
di respirare.
Usciva raramente di casa e accolse con gioia indicibile la decisione materna di
farle frequentare un corso di pianoforte…chissà, aveva diciotto anni e avrebbe
potuto trovare un lavoro sicuro.
Il maestro era un signore anziano, gentile e posato. Aveva per Ornella un
affetto profondo e lei, che non conosceva la vita, si innamorò dell'uomo che per
la prima volta le dimostrava attenzione. Tre mesi dopo si trovo' incinta e seppe
contemporaneamente che il maestro era sposato e per niente intenzionato a
lasciare la moglie per la sua giovane amante.
Appena lo seppe, Marisa la picchio' sistematicamente fino a sentirsi stanca, ma
Ornella non sentiva i colpi…solo, si riparava il ventre per proteggere suo
figlio.
Fu inutile. Dovette abortire, e da quel momento fu un oggetto in mano a sua
madre.
Usciva se lei voleva, mangiava se le era permesso, pensava solo ciò che la madre
le ordinava. E quando un ragazzo della casa di fronte oso' farle un cenno dalla
finestra, Marisa la cambio' di stanza…la figlia era di sua proprietà e non
ammetteva interferenze.
In primavera, Ornella accuso' i primi dolori addominali e la madre l'accuso' di
inventarsi tutto per non lavare per terra e le impose di non lamentarsi. Lei
obbedì come al solito…tenne per se' il dolore più forte e trattenne le lacrime
di solitudine. Talvolta chiamava di nascosto una vecchia parente che le voleva
bene e che aveva rotto con la madre dopo che aveva osato difenderla dalle sue
angherie…in lei trovava conforto…per quei pochi minuti che le servivano per
trovare la forza di andare avanti.
Quando dopo mesi di sofferenza si decise a farsi visitare, il medico non ebbe
bisogno neppure di palpare il suo dolore per capire…mentre finiva di scrivere
una ricetta, volse lo sguardo verso Ornella che si era sdraiata sul lettino, e
vide la pelle dell'addome tesa sopra una massa bernoccoluta…provo' una pena
sorda…quella ragazza stava per morire.
Quando Marisa seppe, ebbe un moto di stizza e odio' la malattia non perché le
uccideva la figlia, ma perché gliela sottraeva, impedendole di esercitare su di
lei il suo dominio e di soffocarla come faceva da una vita con le sue spire da
serpente infernale.
Ornella si spense come una candela una sera di dicembre, quando le vie si
illuminavano per il Natale che lei non avrebbe vissuto. Con lei la morte fu
meno feroce dalla madre, perché le risparmio' il dolore. Morì da sola, nel
sonno, e il viso era quello di un angelo addormentato, come ancora si vedevano
in qualche tumulo del cimitero, sotto i cipressi pietosi.
Negli ultimi giorni era stata assistita da una vecchia zia che vincendo la
repulsione verso la madre, le portava qualcosa da mangiare…ed era stata felice
quando le aveva preparato una minestrina di latte e di una pastina speciale,
sottilissima…capelli d'angelo…che desiderava da tempo e che la madre si
rifiutava di farle perché erano richieste da bambina viziata.
Dopo la morte della figlia, Marisa continuo' i suoi traffici come se nulla fosse
successo. E passarono anni prima che fosse ricoverata per un'emorragia
devastante dell'intestino.
Era vecchissima e bianca come un lenzuolo per il sangue perso, ma ebbe tempo di
farsi odiare anche dagli infermieri del reparto, che angariava riempendoli di
contumelie.
Morì alcuni giorni dopo il ricovero…di piaghe infette e di fame si disse,
perché gli infermieri si rifiutavano di pulirla e di imboccarla…le lasciavano
il piatto sul comodino e si limitavano a ritirarlo scrollando le spalle vedendo
che non era stato toccato…la signora anche oggi non ha fame eh!
Marisa morì, e quando la bara fu portata in chiesa, ad accoglierla c'erano solo
sei persone che, disperse nelle ampie navate, si guardavano imbarazzate e
seguivano sconcertate il rito funebre, che il prete celebro' velocemente, come
se non avesse tempo da perdere, benedicendo alla fine il feretro con poche gocce
di acqua Santa, come se volesse risparmiare anche su quella.
Fuori si era scatenata una bufera e il vento si avventò sulla porta della chiesa
spalancandola all'improvviso, percorse con un rantolo gelido la navata impaurita
e spense le candele dell'altare.
Così scompariva da questo mondo Marisa, che non aveva mai amato, che odiava il
mondo e anche se stessa.
Tonino Serra.