male

Suggestioni :

Il male

Chi crede ha, sui problemi etici e teologici, il tormento del dubbio, che un 
ateo non ha.
Infatti, chi non crede può ignorare  la teodicea, ossia l'interrogativo di come 
possa esistere il male laddove Dio è infinitamente buono, onnipotente e 
onnisciente; e spiega tutto nella fragilità della materia, nella vita 
contrassegnata dalla nascita e dalla morte come punti estremi di un tempo minimo 
che all'uomo e' dato vivere. 
Eppure, anche gli scettici  o gli agnostici, pur non soffrendo l'angoscia dei 
credenti, sentono il fascino intellettuale di rispondere alla domanda che anima 
la filosofia occidentale da millenni…perché esiste il male? E può esistere un 
Dio che permette la sofferenza nelle proprie creature, che intreccia la nostra 
vita di dolori infiniti e di rari momenti felici? E, infine, può esistere la 
libertà senza la possibilità di fare del male, il libero arbitrio concesso 
all'uomo da un Dio onnipotente e Sommo Bene, che porta però a commettere il 
male?
Il male come estremo esercizio della libertà, un frutto malvagio e 
incomprensibile nascosto nel dono divino della salvezza e del ritorno nel mondo 
incorrotto della nostra creazione.

Migliaia di anni fa l'homo sapiens scopri il male, la sofferenza. 
E cerco' di analizzarne l'origine, di interpretarne il significato recondito 
oltre il bruciore di una ferita inferta da una bestia feroce o da un nemico con 
le prime lance di pietra, oltre lo spegnersi della donna dopo un parto o di un 
figlio assiderato nella caverna priva di fuoco.
Si interrogo', nei primi barlumi di intelligenza crepuscolare, del perché la 
natura intorno, gli alberi e gli animali e lui stesso, fossero segnati da un 
destino di morte. 
E scopri' il dolore come sofferenza interiore, voce intima e profonda 
dell'autocoscienza…e cercando di leggerne il codice segreto, si rifugio' nella 
religione, che poteva spiegare, nel potere di un Essere Supremo, la causa prima 
di un cattivo raccolto, di un'epidemia, di una morte. Un Dio alternativamente 
benevolo e severo, dispensatore di premi e punizioni. 
Fino all'Essere buono di Platone, che al concetto di male dedico' tutta la 
vita…di Plotino e di Proclo, fino al Dio creatore dei cristiani e 
all'intuizione di Agostino che il male e' arricchimento di un mondo 
incompleto…il male, quindi, come diversità e tendenza al bene.

Alcuni anni fa, Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della 
cultura, rispondendo a Umberto Veronesi sul tema della compatibilità tra fede e 
ragione, ricordava il rischio paventato da Pascal:" due eccessi, escludere la 
ragione e non ammettere che la ragione". 
La scienza si dedica ai fatti, la religione e la metafisica si consacrano ai 
valori, ai significati ultimi, ai perché non dei fenomeni, ma dei misteri della 
vita…alle questioni supreme di cui, diceva Immanuel Kant, la ragione non può 
liberarsi anche se non avranno mai risposta. 
Ma i due campi non sono incompatibili. Basti pensare a quanto la fisica debba ai 
concetti filosofici del tempo e dello spazio…un dialogo che deve essere 
coltivato e valorizzato, superando il superbo annuncio di Nietsche della morte 
di Dio e del dominio dei fatti sul dominio del pensiero…ma allora, come si 
salva la libertà dell'uomo, la sua dignità? 

In questa ottica, mi ha irritato l'affermazione di Veronesi, pubblicata su 
alcuni giornali nazionali: dopo Auschwitz, come aveva già scritto Primo Levi, il 
cancro e' la prova della non esistenza di Dio. Mi ha irritato non perché va 
contro le mie convinzioni, ma perché la trovo banale, scontata, senza la 
profondità di pensiero che pure non manca allo scienziato che ho sempre 
considerato un faro nella mia professione medica. Bisognava proprio aspettare 
Auschwitz o il cancro per negare Dio? Non bastava, anche ad uno spirito 
superficiale, la disperazione della malattia, della morte inevitabile? Non 
bastava l'orrore del dolore senza fine della perdita di un figlio per dubitare 
della bontà divina? 
Il male esiste in mille forme e non e' solo la mancanza del bene di Platone o il 
dolore di una perdita. I medici hanno addirittura una scala per quantificare 
l'intensità del dolore. 
Eppure, credo che si debba pensare al fatto che la nostra natura si arricchisce 
non col piacere, ma con la sofferenza. Le lezioni del buon vivere si apprendono 
nei lunghi periodi di malessere, di disagio, di dolore più che nei lampi 
improvvisi e terribilmente momentanei della gioia. Tanto che e' più facile 
descrivere la sofferenza che il piacere.
Anche il nostro Dio e' sofferente, e si sente offeso dalla malvagità dell'uomo, 
ma appare onnipotente, capace di abbandonarlo alla cattiveria del mondo…ecco 
perché si capisce l'invocazione straziante di Gesù sulla croce…Padre Padre, 
perché mi hai abbandonato…Gesù, un Dio fatto uomo che sul patibolo si concilia 
con il dolore della sua creatura e i suoi limiti. 
Un Dio sofferente che entra nelle camere a gas naziste col suo popolo prediletto 
o che pende dalla forca col bambino descritto da Wiesel…"dietro di me udii un 
uomo domandare..dov'è dunque Dio?…dov'è Dio? Eccolo, e' appeso li', a quella 
forca"…un bambino muto, che si agita nell'agonia, innocente come il Dio 
creatore spaventato dalla malvagità dell'uomo, ma deciso a lasciargli la sua 
libertà. 
Auschwitz segna l'Evento, come scrive Hans Jonas, l'inizio di una nuova era di 
tragica consapevolezza…non della notte senza l'alba come preconizzavano i 
primi studiosi dell'Olocausto.   
E se fosse  questo il disegno divino? 
Sacrificare il bene alla libertà di cercare noi stessi nella sofferenza e nel 
male? 
Farci avvicinare all'albero della conoscenza per costruire il nostro bene, la 
nostra civiltà sulle scorie abbandonate del male? Farci assaggiare la mela per 
scoprire che e' un frutto dolce e non avvelenato, sentirne la dolcezza e non il 
sapore aspro? 
Non esisterebbe, a mio parere, un dato più sicuro a conferma dell'esistenza di 
un Dio buono…quel Padre che invochiamo come bambini sperduti nell'unica 
preghiera dettata da Gesù agli apostoli…dacci oggi il nostro pane 
quotidiano…e liberaci dal male..

Dio e il Male. 
Se Veronesi avesse voluto ragionare sui grandi problemi avrebbe potuto farlo 
anche sulle altre caratteristiche di Dio. Per esempio su Dio e lo Spazio. 
Se non vogliamo rischiare di scivolare nel panteismo, dobbiamo pensare che Dio 
sia diverso dal Creato…che abbia prima creato il nulla e lo abbia poi riempito 
dei risultati del suo operare. E se si fosse liberamente spogliato, nella sua 
Onnipotenza, di qualcosa di se' per fare spazio alla sua creatura e alla sua 
libertà di agire e di cambiare il mondo? 
Qui siamo nel fascino del concetto ebraico di Tizimtizum…la contrazione della 
divinità, il ritirarsi dallo spazio e dal tempo per poi rientrare creando il 
mondo…la luce, i mari, le creature dell'aria e della terra e, infine, l'uomo. 
E questo spiegherebbe tutto, oltre i dettami della fede cristiana, privandoci 
della sicurezza di un padre creatore, che vigila e protegge gli uomini, che 
salva i deboli e soccorre i naufraghi. 
O forse sarebbe un'ipotesi su cui ragionare per millenni, perché nessuno di noi 
potrà mai provare che Dio esiste o negarne la presenza nell'universo.

Tonino Serra