Noto_Cattedrale


Appunti di un viaggio in Sicilia. (7/7)

7. Cronache di Trinacria (dedicato a Simona Corgiolu e a Marinella Biolchini...buon compleanno!)



Noto, ultima tappa.

La pioggia che ci becca a Siracusa non e' la bomba d'acqua dell'Etna, ma poco ci manca. E ci accompagna fino a Noto, famosa nel mondo per le sue costruzioni barocche. Fu distrutta dal terremoto del 1693 e il Borbone incarico' i migliori architetti del regno di ricostruirla. Erano tutti contrari...i popolani e i nobili, che volevano ricostruirla sulle rovine. Eppure quella new town funzionò...e mi chiedo se i nostri architetti abbiamo mai studiato la storia di Noto affrontando il disastro del Belice o dell'Aquila. Noto e' semplicemente perfetta, una perla scolpita nel calcare dei monti Iblei. Non so se gli studenti la visitino nelle loro gite scolastiche, ma so che imparerebbero molto. Il Barocco non e' il luogo comune dell'esasperata spettacolarità dell'arte, della pesante scenografia delle chiese e degli edifici urbani, dei baldacchini dalle colonne tortili e delle piazze dalle infinite prospettive...no, e' l'Uomo che dilata la sua umanità, che si lancia nella scoperta delle leggi della fisica e dei corpi celesti, che affina e supera il Rinascimento. Leggete lo splendido, elegante e lussuoso volume "Il Barocco" di Castria Marchetti, Giorgi e Zuffi e scoprirete che dal 1600 al 1770 il mondo era animato, illuminato dall'arte dei Caravaggio, Boucher, Canaletto, Bernini, Reni, Rubens, Tiepolo, Van Dick, Velasquez, Vermeer...e dalla passione per la conoscenza di Galileo, di Pascal, spiriti divinizzati dalla ricerca del significato della vita in una condizione umana divisa tra il dogmatismo della fede e la ricerca della libertà del pensiero. Noto e' figlia di quella cultura, che si sviluppa per linee ondulate e ricche di ombre nei suoi edifici, nelle sue chiese. Il reticolo urbano ha l'asse portante nel corso Vittorio Emanuele, una scenografia di grande impatto emotivo che comincia con la piazza san Domenico, si prolunga nella piazza san Nicolò e si conclude con la Porta Reale. In poche centinaia di metri, e in un raggio incredibilmente ridotto, sorgono con orgoglio umano una quarantina di chiese, il Palazzo Comunale Ducezio, il Teatro, Santa Chiara e il Convento di clausura, l'Immacolata e centinaia di case nobili e case popolari, ma non per questo meno interessanti e gradevoli. L'interno delle chiese invita alla serenità e riconosco nei marmi degli altari le modanature e i colori di quelli di sant'Elmo a Ierzu, comprati dal pio Pepi Mulas nel 1830. Non sono un esperto e chi lo è mi perdonerà l'invasione di campo, ma sono convinto che Noto abbia un potere balsamico per l'uniformità dei colori pastello, dovuti alla fedeltà nel tempo ad un solo materiale di costruzione e al rispetto assoluto per le forme primitive. E' una cittadina di ventimila abitanti, che la amano e ne sono orgogliosi. Un po' come i vecchi di Andrano, che ho già ricordato e che con la bellezza dei posti aggiungono vita agli anni. Di fronte a san Domenico alcuni anziani mi parlano con gentilezza e uno guarda la facciata monumentale della chiesa e mi chiede...ha mai visto cose più belle? E' facile rispondere di no. So con certezza che nulla e' più bello di questa città. La notte e' ancora lontana e decidiamo di salire verso nord, avvicinandoci a Trapani dove il giorno dopo prenderemo l'aereo per Cagliari. Ma incappiamo in una serie di contrattempi fastidiosi perché molte strade sono impraticabili e la segnaletica e' semplicemente assente. Avremmo voluto fermarci a Modica, la città della cioccolata...ma ne sentiamo solo il profumo passando nell'area industriale e possiamo vederne l'abitato adagiato in un profondo vallone dal viadotto altissimo, che da' l'idea di una visione aerea. Ci si mette anche una donna vigile, intenta a bloccare il traffico per una processione...mi indica la direzione sbagliata in aperta campagna, torno indietro, la rivedo nella rotonda e la riempio di parolacce...mi guarda in silenzio con l'espressione di una trota. Ormai e' buio e dalla montagna vediamo le innumerevoli luci della piana di Gela che si stende ai nostri piedi, lontanissima. Vorrei arrivare a Licata, ma siamo stanchi e irritati. Due ragazze di Comiso ci consigliano di cercare un albergo a Vittoria. E infatti troviamo un'ottima sistemazione. Ceniamo in un bel ristorante, che si apre su un lungo viale pedonale e l'incubo finisce di fronte a un classico piatto siciliano di pesciolini fritti. Il conto ci viene portato da una splendida ragazza rumena dagli occhi felici...io qui mi sento a casa, mi trattano benissimo. Uscendo guardo lo scontrino prima di buttarlo...e mi rendo conto che venti euro sono comunque pochi ...e infatti manca il vino, ottimo Catarrato bianco. Torno indietro dalla cassiera...guardi che non ha segnato il vino...mi guarda e mi stringe la mano...e' stato un piacere conoscervi, il vino lo metto io... Impiego tre ore per arrivare in aeroporto. Possiamo ammirare Caltabellotta arrampicato sulla montagna...la valle struggente dei Templi di Agrigento...ci lasciamo a destra la tragica valle del Belice e le rovine di Gibellina...deviamo per Mazara del Vallo...ecco Marsala e poi l'aeroporto di Trapani. Scopro che questa città ha due aeroporti, anzi uno che ha pero' due nomi...Florio e Birgi...l'ultima sorpresa di questa terra straordinaria. Dall'aereo vedo scorrere la Sicilia coperta da un reticolo ordinato di campi arati, da boschi ampi e spazi sconfinati tinti di giallo. L'immagine di una civiltà laboriosa e serena...forse quella dell'epoca greca, sopita ma non uccisa dalla speculazione e dalla Mafia. Un mondo contadino che non manca di coraggio. Ricordo a Catania, prima della partita dell'Italia, piazza Università con decine di persone immobili con un libro in mano...laici e cristiani in piedi a leggere, per ricordare la vitale importanza della libertà di opinione... e questo in una terra dove la malavita e' strutturalmente presente. Me la porterò nel cuore, quest'Isola, nonostante tutto. E ci tornerò per vedere il Cristo Pantocratore di Monreale e le grida felici della Vucciria e i paesi del nord che Antonella mi ricorda con nostalgia. Ho raccontato agli amici un breve viaggio, il mio viaggio...basato su emozioni, certamente diverse da quelle provate da altri visitatori o da chi, abitando i luoghi, come Laura e Lello, ne interpretano in modo diverso il modo di vivere. So che ne studierò meglio la storia e vi troverò motivi di speranza. Torniamo a casa. Ecco il mare, mentre la terra si confonde col cielo all'orizzonte.

Tonino Serra