18 Luglio 2015 il Buongiorno di Tonino !
18 luglio 2015 sabato
Oggi un buongiorno e un sorriso a Reem Sahwil, la
14enne palestinese che di fronte ad Angela Merkel ha difeso il suo diritto di
cittadinanza, e ha ottenuto di continuare a vivere in Germania in piena dignità.
Il suo sorriso e la sua maturità impressionante in una ragazzina cancellano
per oggi eventuali non-buongiorno.
Buongiorno a tutti quindi con alcune
considerazioni sulle maschere di Carnevale e non solo.
-La maschera
Il B&B stava appena dopo una piccola salita, nel centro di
Gavoi.
Ospitalità perfetta, deliziosi antipasti della casa, ottimi malfatti e
un porchetto super.
Era carnevale e con i miei si era deciso di andare a
Mamoiada per vedere i mamuthones, i Issohadores e il Museo delle maschere
mediterranee. Ricordavo Mamoiada da quando, piccolissimo, la sfioravo andando a
Nuoro in corriera. Non so perché ma aveva una pessima fama. Gente cattiva,
banditi feroci, ladri di bestiame. Chissà perché, poi: ho tanti amici mamoiadini
e sono la gente più normale del mondo.
Come quando appena arrivato alla Casa
dello studente, 1965, mi presentarono un giovane di Orgosolo…piacere,
Corraine…e mi ricordai della faida tra questa famiglia e i Succu, che fece
decine di morti ammazzati. Era un ragazzo alto più della media, dalla pelle
bianchissima, i capelli chiari, il viso rigido, lo sguardo diretto…si’, sono
in Corraine, sono un sopravvissuto. E la sua maschera si sciolse in un sorriso
da ragazzo gioviale.
Mi piace un viso che parla, che dimostra attenzione; mi
piacciono gli occhi che non si nascondono, che danno calore al dialogo e aprono
una finestra sull’anima.
Avrò visitato in vita mia mille persone al
mese…dodicimila l’anno, mezzo milione in quattro decenni…e avrò chiesto
mille volte ai miei pazienti di togliere gli occhiali da sole, perché sento il
bisogno di guardare negli occhi chi mi sta di fronte e provo disagio se non
posso farlo. Ma era più difficile leggere nella profondità dell’animo di chi
indossava non gli occhiali da sole, ma una maschera impenetrabile, un muro
gelido col mondo esterno.
Forse non sono un bravo medico, perché spesso non
sono riuscito a togliere quella maschera. Il dolore l’aveva incollata al volto e
se fosse stata rimossa avrebbe sanguinato.
Quella sera, a Gavoi, mentre
eravamo a cena la sala si riempi’ di ragazzi in maschera…sos Tumbarinos.
Bellissimi colori, saluti amichevoli in sardo stretto, tamburi che rullavano in
un ritmo ossessivo, accompagnati da “su pipiolu” (il piffero), “su triangulu”
(il triangolo)” e “su tumborro”, una serraggia, strumento a corda realizzata con
una vescica di animale.
Il padrone di casa si alzo’ con il viso illuminato da
un sorriso cordiale, ma li blocco’ con un gesto secco, per pochi minuti, quelli
che bastarono al capobrigata per togliersi la maschera e farsi riconoscere:
sarebbe stati lui a farsi garante dei compagni e a rispondere di eventuali guai.
A me il Carnevale non e’ mai piaciuto. Per via delle maschere, appunto, che ti
mettono a disagio di fronte ad uno sconosciuto privo di volto, e ti inchiodano
in uno stato di soggezione, di subordinazione: disarmato, come di fronte al
carnefice sotto la ghigliottina.
Provate ad indossare la maschera bianca se Su
Compoidori, o quella mostruosa dei Merdules o quella infernale dei Mamuthones:
guardatevi allo specchio e vi leggerete la paura con cui vi guarderebbero gli
altri.
Leggo che in Cina, una volta al mese, i dipendenti di molte aziende
possono indossare una maschera sotto la quale poter rilassarsi, senza essere
costretti a sorridere sempre, anche ai clienti più irritanti e arroganti, e a
chinare la testa di fronte agli atteggiamenti più odiosi.
Nella foto un
addetto alle pulizie pulisce il pavimento dalla polvere. Impeccabile nella sua
divisa, ma il volto e’ coperto da una maschera bianca con due fori rotondi per
gli occhi e due altre piccole aperture per il naso e la bocca. Un giorno al mese
per non mascherare il proprio odio verso un pubblico indisponente, per
disprezzare in silenzio un maleducato…un giorno al mese per non morire di
stress cronico da lavoro…di “gualaosi”, il troppo lavoro senza la libertà di
essere se stessi e di difendersi dal mondo ostile.
I cinesi sono confuciani e
la loro etica li porta a ubbidire senza discutere, mostrando entusiasmo verso il
capo, gridando slogan per motivarsi anche in lavori usuranti e pericolosi.
Noi, moriremmo in pochi giorni senza le nostre brave sfuriate contro i
compagni di lavoro lavativi, contro le tasse, contro chi guida la macchina
vicina e contro il sole troppo caldo. Siccome urliamo bestemmiamo, insultiamo,
viviamo meglio e più a lungo, circondati da nemici che ugualmente non si
nascondono e si godono la vita. Un allegra ostentazione di sentimenti negativi,
senza maschere di convenienza.
Alcuni giorni fa Angela Merkel non ha
abbandonato la sua maschera da premier più potente dell’Europa neppure di fronte
a Reem Sahwil, una ragazzina palestinese di 14 anni che in perfetto tedesco
manifestava la sua paura di essere espulsa dalla Germania, dove cove da quattro
anni. La Merkel ha ascoltato in silenzio e poi, impassibile, ha detto alla
bambina in lacrime che la Germania non poteva accogliere tutti e che forse anche
lei sarebbe dovuta andare via. Oggi apprendiamo che in realtà Reem non darà
espulsa, perché in Germania c’è una legge che autorizza il soggiorno a chi vive
nello Stato per quattro anni e mostra di essersi integrata. La Merkel non poteva
non saperlo, perché le legge e’ del suo governo: ha semplicemente indossato una
maschera per potersi difendere dai suoi sentimenti, esattamente come non aveva
mostrato il suo vero volto nei giorni convulsi della crisi greca: no, niente
aiuti, ma ieri il suo Bundestag ha votato con 439 Si’ e 159 No gli aiuti alla
Grecia.
Pietro Nenni, il mitico leader socialista, diceva che la politica non
si fa ne’ con i sentimenti, ne’ con i risentimenti. In realtà era un uomo pieno
di buoni sentimenti, che però celava sotto la fredda maschera da statista…come
la Merkel.
Eppure, ironia a parte, so che saremmo civili se non ci sarà più
bisogno di nascondere i sentimenti negativi dietro una maschera, magari ferendo
una bambina in lacrime che invoca la vita; e saremmo civilissimi, se non
proveremmo più sentimenti ostili verso il mondo.
Tonino Serra per Medasa.it
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